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TRAMA
L’assistenza sociale norvegese consente a due uomini, Elling e Kjell, ricoverati per due anni in una clinica psichiatrica, di vivere in un appartamento di Oslo.
RECENSIONI
ELLING, uno dei film più visti in Norvegia negli ultimi 40 anni, esce in Italia, sull'onda degli entusiasmi patrii e della nomination all'Oscar ricevuta, in un momento in cui la famosa legge Basaglia (quella che decretò la chiusura dei manicomi, tanto per intenderci) viene rimessa in discussione dall'attuale, funestissimo governo. Curiosità e caso si combinano e rendono forse maggiormente appetibile agli spettatori italiani un titolo che altrimenti passerebbe ingiustamente inosservato. Ingiustamente perché, pur non essendo certo un capolavoro, ELLING è un filmetto gentile che predilige la modulazione brillante per narrare dell'amicizia di due uomini vittime del proprio disordine mentale cui lo Stato dà l'opportunità di ricostruirsi una vita all'esterno dell'istituto in cui sono ricoverati. I servizi sociali si occupano dei due - l'assistente li controlla e ne indirizza la vita quotidiana - e costituiscono una presenza positiva, anche se la loro cura sa rendersi quasi soffocante (esilarante la battuta di Elling che, avendo legato con un vecchio poeta, afferma - la voce off del protagonista scandisce tutte le vicende del film - di poter fare amicizia anche senza l'aiuto dello Stato). La prova che i due devono superare, dimostrare di essere autosufficienti, costituisce il cuore del film e permette al regista di costruire con una certa tenerezza il ritratto di queste due persone (non "strane", Elling ci tiene ma) rare, prede di ansie paranoiche e che serbano dentro di sé una gran voglia di vivere, una voglia positiva e sacrosanta che devono solo imparare a dissotterrare. Il rapporto tra i due, che non potrebbero essere più diversi - uno sensibile e acculturato, l'altro bonaccione e col chiodo fisso delle donne - si fonda su una profonda solidarietà e consentirà anche ad altre persone, incagliate in un'esistenza senza sbocchi, di trovare nuove occasioni di scoprirsi vivi. Il film deve la sua fondamentale riuscita proprio alla delicatezza di tratto del regista (che viene dal teatro, e si vede) nel disegnare i caratteri dei protagonisti seppure alle prese con situazioni non propriamente originali: un'operina che gioca sui toni agrodolci senza divenire eccessivamente edificante. In vista il solito, ineluttabile remake americano (Kevin Spacey ha acquistato i diritti).
