Drammatico, Netflix, Serie, Teen, Thriller

ÉLITE

TRAMA

Il crollo di una scuola periferica consente a tre studenti di ottenere una borsa di studio e accedere al prestigioso istituto Las Encinas, frequentato dall’alta borghesia spagnola. La novità scuoterà il precario equilibrio della scuola e dei suoi studenti con intrecci sempre più pericolosi.

RECENSIONI

Giovani. Belli. Ricchissimi o poverissimi. Nudi. E un po’ stronzi.

La spagnola Élite non è certo la prima serie che mescola questi ingredienti. Sicuramente non sarà nemmeno l’ultima. I contrasti di classe in ambiente alto borghese, uniti a intrecci sentimentali e un po’ pecorecci, continuano ad attirare spettatori perché riflettono dinamiche in cui chiunque si può identificare. In ballo ci sono come al solito il potere e la capacità di esercitarlo, o subirlo, ma anche la forza scardinatrice dell’attrazione che le regole sociali non fanno che intensificare. La fotogenia degli interpreti completa il quadro. Non è originale nemmeno la struttura con cui si attira l’attenzione dello spettatore nelle tre stagioni che, finora, si sono succedute. Si parte infatti da un mistero, che sia un omicidio o una scomparsa, e si procede affiancando il presente al passato. Davvero un grande classico della serialità televisiva (pensiamo, tanto per fare un esempio, al recente Big Little Lies).

E allora cosa distingue questa serie dalle altre e la fa funzionare al di là di premesse tutto sommato banalotte?

La forza è tutta nei personaggi e nel modo in cui sono costruiti. Partono da uno stereotipo, che sia ricchi e viziati oppure poveri e tapini, costantemente arricchito di sfumature in grado di fare emergere le fragilità e scattare l’empatia. Lo scavo, molto accurato, li rende complessi e sfaccettati, non a senso unico, quindi vivi, pulsanti. In una parola, interessanti. Sono proprio Marina, Nadia, Samuel, Lucrecia, Christian, “Nano”, Guzmán, Carla, Polo, Ander, Omar a guidarci nel racconto, non tanto il mistero in cui sono coinvolti. È a loro che ci affidiamo, è con loro che entriamo nel vivo della vicenda, è di loro che ci preoccupiamo e vogliamo sapere. Sì, la curiosità di far quadrare il cerchio c’è, e la progressione coinvolge, ma senza di loro sarebbe il solito giochino un po’ gratuito in cerca di un colpo di scena.

Con l’avanzare delle puntate, e nel passaggio da una stagione all’altra, ognuna composta di otto puntate, questa caratteristica viene mantenuta anche con le nuove entrate (Cayetana, Valerio e Rebecca nella seconda stagione e Malick e Yeray nella terza), ma progressivamente perde vigore e si annacqua. Il mistero diventa infatti sempre più centrale, gli equilibri e l’attenzione alla contemporaneità sempre più non solo palesi, ma palesati, e il rischio sociologia spicciola sempre meno circoscritto. Al riguardo l’ultima puntata della terza stagione sembra un po’ sovvertire tutta la costruzione fino ad allora accumulata e con l’intento di chiudere un capitolo (con tutta probabilità le annunciate stagioni 4 e 5 avranno un cast quasi completamente rivoluzionato), mandare a casa tutti felici e non lasciare conti in sospeso, finisce per tradire lo spirito dei personaggi, per cui quel “un po’ stronzi” diventa “in fondo con un cuore d’oro”. Epilogo a parte, anche a livello di incastri temporali assai implausibile, tutte le tre stagioni si guardano con piacere, riescono a farsi specchio del presente senza impartire sempre lezioni e trascinano in un mistero che non diventa mai preponderante, ma spunto per favorire l’interazione e il gioco, perché di gioco in fondo si tratta, tra i personaggi: giovani, belli, ricchissimi o poverissimi, nudi e un po’ stronzi. Ed è questa la loro forza e il motivo per cui li guardiamo.