TRAMA
Jesse Pinkman è sopravvissuto alla trappola che Walter White, a costo della sua vita, ha fatto scattare contro i nazisti in un ultimo atto di redenzione. Quindi, dopo aver ucciso il sociopatico Todd, Jesse si è dato alla macchia su una Chevrolet El Camino, chiedendo prima di tutto aiuto ai vecchi amici Sneaky Pete e Badger. Ma non sono loro ad avere i fondi e gli strumenti che gli servono per far perdere davvero le proprie tracce e iniziare altrove una nuova vita. Così Jesse, ancora pesantemente traumatizzato dalla prigionia, deve trovare soldi e riallacciare contatti per riguadagnarsi una vera libertà.
RECENSIONI
Nell'ottobre del 2013, quando sulla serie tv Breaking Bad ufficialmente calò il sipario con l'episodio Felina, si diffuse una clamorosa notizia: lo showrunner Vince Gilligan era al lavoro su una nuova stagione (la sesta). Walter White non era morto, ma era stato arrestato e portato in ospedale, dove aveva ripreso coscienza. La fanbase si spaccò: alla fazione dei nostalgici totalmente impreparati ad abbandonare l'universo di Heisenberg – l'alter ego di White – e soci, disposti a qualunque inverosimile compromesso pur di continuare a “vivere pericolosamente” nelle lande desolate del Nuovo Messico, si contrappose una frangia consapevole di come Breaking Bad avesse splendidamente completato il suo arco narrativo, giungendo ad un epilogo che era, come capitato spessissimo nel corso dei 62 episodi, un miracolo di equilibrio e “aura mitica”. Quella fake news dimostrò, fra le altre cose, che la buona riuscita di un progetto (dando al termine “progetto” la connotazione che preferiamo) dipende anche dalla sua fisiologica finitezza, dalla capacità del creatore di farsi da parte lasciando andare la creatura. Abbiamo incensato e amato Gilligan per questo: aveva saputo porre un termine al suo capo d'opera in modo sopraffino, e gli amanti della serialità sanno quanto sovente i finali siano delle cocenti delusioni, zenit narrativi che si trasformano in indifendibili nadir.
In aggiunta, Gilligan aveva a sorpresa deciso di fare un salto indietro nel tempo regalandoci e regalandosi Better Call Saul. Ovvero un prequel/spin-off, diversissimo da Breaking Bad ma appartenente al medesimo universo, in cui raccontare la genesi di uno dei personaggi più amati (l'avvocato James McGill alias Saul Goodman) significava in verità porre nuova luce e favorire una rielaborazione di tutta la serie originale. Better Call Saul completa Breaking Bad, rendendo se possibile quest'ultima ancora più ricca e solida “a posteriori”. L'idea di un film che fungesse da seguito alla serie, esplicitando il destino di Jesse Pinkman (socio di White, imprigionato e trattato come bestia da soma da subdoli aguzzini nazisti) dopo la fuga a bordo della Chevrolet El Camino, non poteva che scricchiolare fin dalle sue premesse. Per anni si è favoleggiato su cosa avrebbe fatto il personaggio, sui traumi subiti e sul suo isterico pianto nel momento della liberazione. Ma il punto era proprio quello: la possibilità di immaginare, senza l'assegnazione di un soffocante futuro prestabilito. Delimitando le coordinate della sua sorte, dandogli un – tra l'altro prevedibilissimo – epilogo descritto nei minimi dettagli, si toglie paradossamente libertà e arbitrio ad un protagonista che per tutta la serie ha lottato per avere un'identità e un'autonomia di intenti.
Gilligan (incatenato da sempre ad un'unica produzione, e ci domandiamo quando e se mai lo vedremo all'opera su altro), con un dichiarato spirito da rimpatriata e déjà vu in mente, scivola in modo greve, e la buona fede non può bastare. El Camino ha il fiato cortissimo in ogni sequenza, col passo e la drammaturgia di un episodio televisivo diluito e gonfiato a dismisura. Per la prima volta si ha la scomoda sensazione di assistere ad una copia, ovvero ad una innaturale emulazione a tavolino di atmosfere, dialoghi e pattern visivi. Come se il girato non rispondesse più all'ispirazione di un autore, ma ad una piatta nozione di replica in serie. Si potrebbe, come concausa, parlare del fantomatico “effetto Netflix”, quel curioso fenomeno per cui una buona parte degli “originali” della piattaforma sembrano risultati esangui di un algoritmo che calcola i nostri gusti. Possibile, ma la motivazione va in primis cercata nella superflua e derivativa volontà di riempire il vuoto dell'indefinito avvenire di Jesse, personaggio che rivive non a caso nei flashback (su tutti quello alla tavola calda con Walter White, a dimostrazione di come i due caratteri rappresentino i lati opposti di una stessa medaglia e necessitino l'uno dell'altro, un po' come accade per Joker con Batman) e non nel presente della storia che si sta raccontando. Perché il suo presente è posticcio, una mera funzione da fan service, un amarcord ornamentale. Di cui a conti fatti non si sentiva alcuna necessità.
