TRAMA
Vengono da tutte le parti dell’Europa dell’est: dalla Russia, dall’Ucraina, dalla Moldavia… Il più vecchio sembra avere non più di venticinque anni; quanto ai più giovani, sarebbe impossibile stabilirne l’età. Se ne stanno sempre a ciondolare alla Gare du Nord, a Parigi. Forse si prostituiscono. Daniel, un uomo discreto sulla cinquantina, ne ha adocchiato uno, Marek. Un giorno trova il coraggio per parlargli. Il giovane accetta di andare a trovarlo l’indomani a casa sua, ma le conseguenze sono del tutto imprevedibili: Daniel dovrà imparare a combattere per difendere se stesso e il giovane dalla reazione violenta del gruppo, capeggiato da un individuo brutale che non ha nessuna intenzione di lasciar andare Marek.
RECENSIONI
Regista (Les revenants, brutto film che però ha ispirato lomonima serie di successo) e sceneggiatore (collabora stabilmente con Laurent Cantet), Campillo vince la sezione Orizzonti di Venezia 70 con un lavoro che propone il suo consueto stile, fatto di atmosfere frigide e tempi dilatati, di uno sguardo al presente che sottintende metafore (la dialettica sottesa è quella tra ospitalità e ostilità).
La storia tra il maturo borghese francese e Marek, il ragazzo ucraino che prima lo truffa e poi si pente, nasce come uno scambio di denaro contro favori sessuali per sfociare nel sentimento (che imboccherà alla fine unulteriore strada) e incamera una riflessione sul rapporto contrastato tra un mondo e un altro, sulla difficoltà di conciliare visioni e progetti di vita, sul sostrato complesso di una società in cui sopravvivenza e consumismo fanno a pugni. Dietro la storia di tenerezza e cura, insomma, si nasconde la politica, ma, pur essendo Eastern Boys, da questo punto di vista, un film piuttosto schematico e scoperto, per non dire letterale, ha dalla sua lottimo impianto visivo, fatto di geometrie diacce nelle quali si inscrivono le vicende dei protagonisti e una seconda parte niente affatto disprezzabile, soprattutto quando, passando dallaltra parte, quella del residence che ospita i ragazzi dellEst, si sofferma significativamente e specularmente sulla storia damore (etero stavolta) di Boss, il capo della banda.
Diviso in capitoli rimarcati da didascalia, Eastern Boys ha una struttura anomala: il regista imbastisce la storia con una serie di scene molto lunghe (la descrizione della vita in strada del gruppo di immigrati, il segmento dellirruzione in casa del protagonista - che metaforizza linvasione barbarica del territorio e delle sicurezze domestiche -, sequenza nella quale si apre unulteriore parentesi, quella del ballo, tutta visiva e atmosferica) e poi, man mano che si inoltra nella narrazione, serra il montaggio per culminare in una parte finale in una chiave di vera e propria suspense.
