TRAMA
Louisiana, 1927: in un hotel, un gruppo di cittadini crocifigge e mura vivo un pittore accusato di stregoneria. Molti anni dopo, ai giorni nostri, Liza è la nuova proprietaria dell’hotel; durante le operazioni di restauro, però, inizia una serie di omicidi truculenti ad opera di uno zombie sanguinario. Solo più tardi Liza scoprirà che si tratta del pittore massacrato molti anni prima, che aveva scoperto l’ubicazione delle sette porte dell’inferno, una delle quali si trova proprio sotto l’albergo.
RECENSIONI
Come presentare questo film se non dicendo che si tratta della migliore opera di Lucio Fulci? Certo è che, come già successo altre volte, l'autore romano deve molto ai suoi più illustri colleghi (Argento e Romero), sia perché L'Aldilà è basato sostanzialmente su un plot molto vicino ad Inferno di Argento, sia perché il protagonista Spike - cioè lo Zombi - ricorda molto le affamate creature di George Romero. Potremmo dire che questo film riprende alcune fra le migliori idee in circolazione in quegli anni, ma così facendo non renderemmo giustizia all'impegno e alla maestria di Fulci: il film (per chi ha la fortuna di vederlo in versione integrale) abbonda di tutti quegli elementi che sono tanto cari al regista, non risparmiando assolutamente allo spettatore la consueta dose di splatter "estremo": gli effetti speciali di Giannetto De Rossi, sicuramente il numero uno in Italia ai tempi di questa pellicola, sono davvero terrificanti anche se un po' datati (specie nel make up degli Zombi). Allora aspettatevi tutte le convenzioni del genere horror: zombi, occhi strappati, gole squartate, revolverate in mezzo alla fronte, citazioni continue da altri film; il tutto sicuramente ben amalgamato da Fulci che - tra sogno e realtà - dispone finalmente di una storia bella e convincente, raccontata in una Louisiana davvero suggestiva e splendidamente fotografata. Attenzione: L'Aldilà è sicuramente il capolavoro di Fulci, molto più godibile dell'altra leggendaria pellicola, Zombi 2, che ha fatto del maestro italiano un vero e proprio idolo negli Stati Uniti; ma sicuramente si tratta di una prodotto non solo destinato agli amanti dell'horror, ma anche - e forse soprattutto - destinato ai fans di Lucio Fulci, che con questo film ci regala (in largo anticipo) il suo "canto del cigno" nel genere horror. Assolutamente presuntuoso - e forse proprio per questo così affascinante - il finale del film, che non lascia speranza alcuna ai due protagonisti.

Di case maledette è pieno il cinema dell'orrore (due anni prima: Amityville Horror), ma quest'opera di Lucio Fulci s'è ritagliata un posto d'onore, annoverando cultori e proseliti (deve averlo visto anche il Sam Raimi de La Casa, che è come se l’avesse parodiato all’eccesso, fra morti viventi e Necronomicon). Non che le prerogative del regista siano cambiate: preferisce sempre colpire allo stomaco e calcare su trucchi disgustosi piuttosto che puntare sulla tensione psicologica. Il tutto allo scopo di raggiungere un effetto plateale da Grand Guignol, come un negromante che, nella fiera di paese, voglia gabbare i gonzi suggestionabili, con fare serioso e/ma effettismi parrocchiali. Qui, però, i diversi elementi in sinergia convergono in un’opera insolita, senz’altro la migliore della sua filmografia: il commento sonoro di Frizzi, fra note di piano inquietanti e musica elettronica alla Carpenter; sequenze "gore" veramente terribili, di culto per chi le ama (il chiodo che espelle il bulbo oculare; le tarantole che scorticano vivo l'architetto: Fulci indugia sui dettagli, con soggettive della vittima difficili da dimenticare); cieche misteriose, scantinati tenebrosi, forze del Male minacciose, mostri, morti viventi alla Zombi di Romero, cani infingardi, maledizioni. Un racconto che ha la sua forza nell’accumulo di elementi di paura eterogenei, non dando mai tregua (in assenza di totale qualità degli ingredienti, meglio non avere tempi...morti), e che si chiude, a sorpresa, nel “Nulla”, con un tocco di classe, se non inquietante, senz’altro originale (è già il Regno dei Defunti, l’Inferno…) e felicemente incoerente con una messinscena che, fino lì, ha fatto di tutto per raggiungere effetti più gratuiti, non curandosi nel processo di qualche sciatteria di troppo (l'obitorio incustodito accessibile a chiunque, la risata del libraio, i suoni emessi dalle tarantole...).
