
TRAMA
Nel 1914, il piroscafo Gloria N. salpa con a bordo le ceneri della cantante lirica Edmea Tetua, diretto nel Mare Egeo per spargerle: a bordo, il giornalista Orlando descrive le celebrità presenti e i loro ricordi sulla defunta.
RECENSIONI
Nell’esasperazione dell’artificio (il mare in polietilene, il tramonto dipinto, il rinoceronte di gommapiuma e catrame, tutte le soluzioni scenografiche di Dante Ferretti) che culmina in un finale dove la macchina da presa inquadra il regista stesso e il teatro di Cinecittà dove è stato ricostruito il ponte della nave, l’opera di Federico Fellini vorrebbe farsi materia di sogno allegorico di una società alla deriva (scoppia la Prima Guerra Mondiale, c’è il monito su quella nucleare) ma preferisce, soprattutto, lasciarsi andare alle note musicali, quelle dell'opera lirica con romanze riscritte dai testi di Andrea Zanzotto, finanche infastidire (la gara dei cantanti in sala macchine), e seminare simboli che stimolino l’inconscio (il rinoceronte e il suo latte). Un cinema che è stato premiato con cinque Nastri d'Argento e quattro David di Donatello, con un approccio corale volutamente dispersivo, con molti e nessun piano di lettura, che confonde il melodramma onirico con una tragicommedia e con tracce parodiche che evitano il grottesco. La ballerina e coreografa Pina Bausch interpreta la principessa veggente Lherimia fra vari personaggi descritti con ironia anche feroce, tramite la “cronaca” del giornalista a bordo: a un certo punto, subentra il tema delle differenze di classe quando vengono raccolti in mare alcuni naufraghi serbi. Un cinema di fantasmi, in cui Fellini tenta di restituire le sue emozioni di fronte a fotografie sbiadite d’inizio secolo (“Marroncine e fatiscenti, tinta seppia da dagherrotipo”), rappresentazioni di un mondo lontano che scoloriscono nella mente che non ne ha avuto diretta conoscenza. La fotografia di Giuseppe Rotunno si adegua e asseconda la visione dell’autore, con un prologo che replica il cinema muto, il seppia e le tinte tenui.
