TRAMA
Sostenuto e incoraggiato dal rieducatore penitenziario Germain Cazeneuve (Jean Gabin), l’ex rapinatore di banche Gino Strabliggi (Alain Delon) esce dal carcere in libertà controllata dopo 10 anni di detenzione e cerca di rifarsi una vita con la compagna Sophie (Ilaria Occhini), ma la cattiva sorte prima (Sophie muore in un incidente stradale) e l’accanimento dell’ispettore Goitreau (Michel Bouquet) poi gli sbarrano la strada dell’onestà.
RECENSIONI
La profonda ammirazione che nutro per José Giovanni, Alain Delon e Jean Gabin mi impedisce di sparare a zero su un film palesemente fallimentare. Le buone intenzioni di Giovanni (anche sceneggiatore e dialoghista) strangolano infatti il film nella morsa della giaculatoria: impegnato nella sacrosanta causa dell'abolizione della pena di morte (la Francia è stato l'ultimo stato europeo ad abolirla, nel 1981), lo scrittore e regista di origine corsa calca pesantemente la mano in ogni passaggio, facendo di Strabliggi (un Delon di egocentrico magnetismo) un vero e proprio martire della cosiddetta giustizia e trasformando il suo film in una tonitruante arringa da tribunale. Nella parte del rieducatore penitenziario, Gabin si difende decorosamente, ma il suo copione lo costringe ad un ruolo monocorde e ingessato, non riuscendo mai a garantirgli autonomia narrativa e indipendenza interpretativa: qui il vecchio Jean non recita "con" Delon, ma recita ininterrottamente "per" Delon, anche quando quest'ultimo non è in scena. Purtroppo il deloncentrismo del film, per quanto cosmeticamente appagante, non è supportato da una scrittura altrettanto persuasiva: non soltanto la parabola dell'ex gangster è di uno schematismo sconfortante (uscita dal carcere, frustrazione delle speranze di reinserimento, rovinosa e fatale ricaduta nel delitto), ma sono soprattutto le sue reazioni a risultare meccaniche (gita fuori porta con la famiglia Cazeneuve = gioia di vivere ritrovata) oppure inconsulte (alla legittima domanda del rieducatore che gli chiede se ha rivisto i vecchi amici del milieu, Strabliggi sbotta immotivatamente mandandolo a quel paese e uscendo infuriato dalla stamperia in cui lavora). In questo teatrino edificante che spesso e volentieri sbanda nel comico involontario (la sequenza in cui Delon prende a mazzate delle carcasse di macchine per sfogarsi è un piccolo gioiello scult), il solo che riesce davvero a ritagliarsi una parte incisiva e tenere degnamente testa alla prorompenza di Delon è Michel Bouquet: il suo ispettore capo Goitreau rifulge di una meschinità e di una perfidia letteralmente diaboliche. Il vero testa a testa è tra loro due: il buono e il cattivo faccia a faccia nella inerte e sonnacchiosa provincia francese. Prologo ed epilogo da brividi di piacere, con Gabin che cammina lungo una palizzata grigia e scrostata mentre la sua voce over snocciola frasi di irrecuperabile amarezza: "Non riuscirò mai più a vedere la giustizia nello stesso modo, ora che ho scoperto qual è la sua faccia nascosta... Da quel giorno capii che anche la giustizia può diventare soltanto una macchina per uccidere".
