Avventura

DON CHISCIOTTE

Titolo OriginaleDon Quixote
NazioneFrancia
Anno Produzione1933
Genere
Durata73'
Tratto dadal romanzo di Cervantes

TRAMA

Ossessionato dai suoi libri sulla cavalleria, don Chisciotte parte all’avventura con Sancho Panza e combina guai ovunque in nome dell’amata, inesistente, Dulcinea. Il duca locale, invece che arrestarlo, vuole curarlo con una messinscena.

RECENSIONI

Versione canterina (la prima sonora) del romanzo di Cervantes, con non poche libertà rispetto all’originale (il nome del protagonista non era Don Chisciotte fin dall’inizio, molti episodi sono saltati), dovute anche al budget non troppo consistente: scritturare il tenore russo Chaliapin (che era già stato Don Chisciotte sulle scene nel 1910) permette alla produzione di ovviare alla costosa messinscena, infilando ovunque (per 30’!) le sue esibizioni canore, epiche e pompose come il personaggio caricato da una recitazione enfatica. Un’opera che invecchia inesorabilmente, annichilita anche da passaggi da commedia grossolana (l’occhialuto ed impacciato promesso sposo della nipote) e dall’errore, non da poco, di restituire un Don Chisciotte (solo) folle e sanguinario, per nulla degno di pìetas, tanto meno di simpatia. La sceneggiatura, poi, non brilla per chiarezza (su motivazioni e cambiamenti in Don Chisciotte), avvincente progressione narrativa, credibilità (per tutto il film assente a se stesso, durante il duello Don Chisciotte intuisce che quella del duca è una messinscena?) o capacità alcuna di far emergere i temi sottesi nell’opera di Cervantes. Si possono segnalare la scena in cui il Cavaliere dalla Triste Figura s’incanta come un bambino di fronte alla pantomima sul cavaliere errante Adamigi, lo sfoggio di curiosi costumi d’epoca, la tenerezza che ispira Dorville/Sancho Panza, la scena finale dove prelati e polizia bruciano i libri e assistiamo ad un barlume di umanità (finalmente!) nel protagonista ucciso nello spirito. Ma tutto sa di finto, teatrale. L’opera segna l’inizio dell’esilio di Pabst: il suo indulgere sulla scena finale del rogo è forse un chiaro riferimento alla patria Germania nel totalitarismo. Pregevole la fotografia di Nicolas Farkas, ad imitazione di antiche stampe d’epoca e con un’indagine sulla tradizione pittorica spagnola. Furono girate contemporaneamente anche una versione inglese ed una tedesca, pare perduta. Le ombre cinesi che si animano all’inizio dall’incunabolo sono opera di Lotte Reiniger.