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TRAMA
La storia di un gruppo di agguerriti ragazzini che rivoluzionò lo skateboard raccontata dall’interno.
RECENSIONI
Dogtown, tra Santa Monica e Venice, era negli anni 70 una delle zone più degradate di Los Angeles. Soffermiamoci per un attimo sulla costa: là dove sorgeva negli anni 30 il Pacific Ocean Park, il grande parco di divertimenti che si protendeva sullacqua di cui rimanevano solo ruderi. Qui vicino Jeff Ho, Skip Engblom e Craig Stecyk erano i proprietari di un negozio per surfisti, che presto divenne il punto di ritrovo di un mare di teenagers scatenati e amanti delle onde. Accanto al surf, Dogtown era loro e solo loro, e così veniva difesa, incominciarono a sfrecciare per la strada con lo skateboard e poi sfondando le reti di recinzione si intrufolano nelle ville con piscina, rigorosamente senzacqua.
Per i ragazzi Dogtown non cambia molto: skate o surf sempre tavola è! Trasportano le tecniche e le evoluzioni spericolate che sperimentavano tra le onde delloceano sullasciutto: inizia la rivoluzione. I tremendi ragazzini formano lo Zephir Team che sconvolge tutti i tornei, tradizionali e stantii. Con acrobazie spericolate, tenendo il baricentro basso, e con unelasticità spettacolare nei gesti atletici gli Z-Boys porteranno una sana freschezza e ribellione nel mondo dello skate, che si propagò per tutto il mondo: il riflesso nella cultura giovanile fu enorme.
Tra i ragazzi dello Zephir Team cera Stacy Peralta, lautore di questo documentario che parte da una premessa storica sul quartiere di Venice e la zona di Dogtown arrivando alla formazione dello Zephir Team e raccontando lavventura degli Z-Boys, appoggiandosi alla voce narrante di Sean Penn.
Con materiale di repertorio, la maggior parte girato dal giovane Peralta, fotografie ed interviste, costruisce con montaggio serrato e, rifacendosi in parte allestetica del videoclip, la storia della banda di Dogtown, sulle note del rock depoca da Jimi Hendrix ai T-Rex.
Le interviste agli ex-skaters che si alternano continuamente ci portano al presente, come sono oggi gli Z-Boys. Si parla di quando alcuni elementi del gruppo, lo splendido Jay Adams e Tony Alva, furono contattati dal business (ormai gli Z-Boys erano su tutte le copertine delle riviste specializzate), chi ne fu risucchiato e chi riuscì a reagire.
Dopo un po di tempo, però il documentario sembra girarsi su stesso, la vena mitopoietica si accresce sempre più: i concetti e le battute si ripetono, quando i vecchi boys tentano di filosofeggiare sul Dogtown style e sullo skateboard come sport e arte. Chi tenta di fornire un ritratto sociologico più serio dellepoca e sullavventura degli Z-Boys e del fragore che scaturì in tutto il mondo è Glen Friedman, fotografo per eccellenza degli skaters.
Ci si diverte, comunque, durante il documentario di Peralta, a cui bisogna dar atto della lungimiranza per la quantità di materiale girato da giovane (in super8), un documento dallinterno e dal vivo di un movimento che ha influenzato la popular-culture degli ultimi decenni.
Mauro Ravarino