DOGTOWN AND Z-BOYS

Titolo OriginaleDogtown and Z-Boys
NazioneU.S.A.
Anno Produzione2001
Genere
  • 67165
Durata91'
Fotografia
Montaggio
Scenografia

TRAMA

La storia di un gruppo di agguerriti ragazzini che rivoluzionò lo skateboard raccontata dall’interno.

RECENSIONI

Dogtown, tra Santa Monica e Venice, era negli anni ’70 una delle zone più degradate di Los Angeles. Soffermiamoci per un attimo sulla costa: là dove sorgeva negli anni ’30 il Pacific Ocean Park, il grande parco di divertimenti che si protendeva sull’acqua di cui rimanevano solo ruderi. Qui vicino Jeff Ho, Skip Engblom e Craig Stecyk erano i proprietari di un negozio per surfisti, che presto divenne il punto di ritrovo di un mare di teenagers scatenati e amanti delle onde. Accanto al surf, Dogtown era loro e solo loro, e così veniva difesa, incominciarono a sfrecciare per la strada con lo skateboard e poi sfondando le reti di recinzione si intrufolano nelle ville con piscina, rigorosamente senz’acqua.
Per i ragazzi Dogtown non cambia molto: skate o surf sempre tavola è! Trasportano le tecniche e le evoluzioni spericolate che sperimentavano tra le onde dell’oceano sull’asciutto: inizia la “rivoluzione”. I tremendi ragazzini formano lo Zephir Team che sconvolge tutti i tornei, tradizionali e stantii. Con acrobazie spericolate, tenendo il baricentro basso, e con un’elasticità spettacolare nei gesti atletici gli Z-Boys porteranno una sana freschezza e ribellione nel mondo dello skate, che si propagò per tutto il mondo: il riflesso nella cultura giovanile fu enorme.
Tra i ragazzi dello Zephir Team c’era Stacy Peralta, l’autore di questo documentario che parte da una premessa storica sul quartiere di Venice e la zona di Dogtown arrivando alla formazione dello Zephir Team e raccontando l’avventura degli Z-Boys, appoggiandosi alla voce narrante di Sean Penn.
Con materiale di repertorio, la maggior parte girato dal giovane Peralta, fotografie ed interviste, costruisce con montaggio serrato e, rifacendosi in parte all’estetica del videoclip, la storia della banda di Dogtown, sulle note del rock d’epoca da Jimi Hendrix ai T-Rex.
Le interviste agli ex-skaters che si alternano continuamente ci portano al presente, come sono oggi gli Z-Boys. Si parla di quando alcuni elementi del gruppo, lo splendido Jay Adams e Tony Alva, furono contattati dal business (ormai gli Z-Boys erano su tutte le copertine delle riviste specializzate), chi ne fu risucchiato e chi riuscì a reagire.
Dopo un po’ di tempo, però il documentario sembra girarsi su stesso, la vena mitopoietica si accresce sempre più: i concetti e le battute si ripetono, quando i vecchi “boys” tentano di filosofeggiare sul “Dogtown style” e sullo skateboard come sport e arte. Chi tenta di fornire un ritratto sociologico più serio dell’epoca e sull’avventura degli Z-Boys e del fragore che scaturì in tutto il mondo è Glen Friedman, fotografo per eccellenza degli skaters.
Ci si diverte, comunque, durante il documentario di Peralta, a cui bisogna dar atto della lungimiranza per la quantità di materiale girato da giovane (in super8), un documento dall’interno e dal vivo di un movimento che ha influenzato la popular-culture degli ultimi decenni.

Mauro Ravarino