Biografico, Drammatico, Sala

DIVA FUTURA

TRAMA

Nell’Italia a cavallo tra gli anni 80 e gli anni 90, Debora Attanasio viene assunta come segretaria all’agenzia Diva Futura, specializzata nella produzione di film erotici e pornografici.

RECENSIONI

Diva futura è un film sul porno senza il porno. E non è detto che sia un limite o una trappola. È piuttosto una chiave di lettura, un punto di partenza atto a sviluppare un discorso parallelo e simmetrico rispetto ai fatti reali e alla loro collocazione sull’asse della Storia. Giulia Louise Steigerwalt, per sua ammissione, non è (stata) una cultrice né una studiosa appassionata di cinema hardcore. Ed è, forse, un bene. Dalla giusta distanza, scevra da condizionamenti e/o nostalgie, può permettersi di desacralizzarne la mitologia, senza offenderla o riformarla, offrendo uno sguardo critico, personale e interessante su quegli anni e quegli eventi. Ciò che le interessa sono le relazioni tra il singolo e la società, i rapporti umani, professionali e di potere tra uomini e donne all’interno dell’industria a luci rosse (fallocratica e maschiocentrica), la dicotomia tra libero arbitrio e oggettificazione del corpo (femminile, in primis). Il tono resta leggero e brillante. Malizioso, ma privo di morbosità o sequenze sessualmente esplicite (per quanto le nudità non manchino). L’archetipo hippie della comune, del gruppo come famiglia alternativa, pop e anticonformista, attraversa il film con la sua poesia naïf. La nascita della famosa etichetta porno fondata da Riccardo Schicchi - e dunque gli ingranaggi, i compromessi, il dietro le quinte, gli aneddoti e le curiosità - resta più che altro una cornice di cui si serve la regista per raccontare le vite eccentriche e fuori dagli schemi di quella piccola tribù di uomini e donne che contribuirono a spostare più in basso l’asticella del pudore, sdoganando nuovi costumi e incendiando il desiderio. Steigerwalt riflette sui sogni, le utopie, il gioco, la rivoluzione ma anche il rovescio della medaglia (lo stigma, il giudizio impietoso e il bacchettonismo di un’Italietta ipocrita e democristiana che, se da un lato condannava, dall’altro guardava dal buco della serratura). Ad una prima parte, agile e briosa, in cui a dominare è l’aspetto ludico del sesso ne segue una seconda più luttuosa, funesta e malinconica. Quella in cui si fanno i conti con le disillusioni, il tempo che passa e l’incombenza della morte. Perché Diva Futura è, soprattutto, un film sul tempo che scorre, fluisce, rimette in prospettiva. È un’opera corale, femminista, piccante che sposa più punti di vista e alterna, senza moralismi o giustificazionismi, il pubblico e il privato, le scelte di vita e l’umanità delle più importanti e iconiche pornostar di quegli anni: Ilona Staller, Moana Pozzi, Eva Henger. I loro personaggi entrano ed escono dalla scena, rubandosela e alternandosi, ognuna da una angolazione differente e paritaria al contempo. Moana, l’immortale. Ilona, l’eterea. Eva, la renitente. Corpi, destini e orizzonti si intrecciano in questa Boogie Nights italiana, dove il sesso non è mai il fine ma un mezzo per raggiungere e cambiare, consapevolmente o meno, lo stagnante status quo delle cose. Accanto alle loro epiche esistenze, il pigmalione Riccardo Schicchi. Il profeta, il mentore, il deus ex machina. Metà Pinocchio metà Lucignolo, interpretato con grande verve e vitalità espressiva da Pietro Castellitto. Le sue visioni, le sue intuizioni, il suo estro infantile sono l’anima del film, costruito a blocchi ed episodi, capace di creare un flusso denso ed esteticamente fertile (i colori pastello e la patina fluo esaltano le atmosfere glitterate degli anni ‘80) che percorre 30 anni di storia del costume italiano. Senza proclami, evitando il didascalismo della cronaca e la pedanteria dell’agiografia. Giulia Steigerwalt scrive sui corpi delle attrici, esaltati dall’estetica vintage, la sua idea di eros: allegra, sfacciata, dissidente. Il film, liberamente tratto dal romanzo di Debora Attanasio Non dire alla mamma che faccio la segretaria - giovane e inesperta collaboratrice della casa di produzione - ne sposa il punto di vista, goffo ed estraneo, e rende omaggio ad una stagione irripetibile che ha cambiato la percezione del sesso, la sua fruizione mediale, il suo impatto psicologico, la sua matrice politica.