- 66542
- Drammatico
TRAMA
Diverse storie si intersecano mettendo a nudo la realtà del nostro uso quotidiano di una tecnologia che, facendo da mediatrice, definisce i nostri rapporti e, in fin dei conti, le nostre vite.
RECENSIONI
È un po' di tempo che il cinema, molto spesso banalmente, si interroga sulle nuove tecnologie e su come il web, in particolare, abbia modificato il nostro modo di interpretare il quotidiano e le relazioni. Il film di Rubin, documentarista al primo lavoro di finzione, non fa del tema il semplice centro della sua riflessione, ma anche il terreno sul quale costruire la sua drammaturgia, essendo quest'ultima - e la sua struttura -, aspetto altamente significativo. Abbiamo allora diverse storie, apparentemente disconnesse che hanno la rete come dato comune (pc, tablet, smartphone: tutti gli strumenti che consentono la connessione sono costantemente mostrati), storie che, con l'avanzare della narrazione, riveleranno i loro punti di contatto.
Non forza il dato, Rubin, e questo è un merito: non incrocia le narrazioni obbligatoriamente, non disegna traiettorie coincidenti ad ogni costo, più che altro accosta i percorsi di vita dei protagonisti, a dire che il loro vivere appartiene allo stesso contesto, a una società che oramai deve fare i conti con il mezzo. C'è un'ombra di moralismo nelle storie (a cominciare dall'ambiguo titolo, che potrebbe suonare anche come un imperativo), in questa visione della rete apocalittica, in questo guardare alla virtualità come a una calamità sotterranea, a un luogo pieno di tentazioni e altrettante insidie e lo si desume dalle vicende che si sceglie di raccontare: i due ragazzini che inventano un profilo fittizio su Facebook per tendere una trappola a un compagno di scuola solitario inducendolo, dopo unumiliazione, a un gesto disperato; la donna che frequenta un forum di sostegno psicologico (ha perso il figlio) e che diventa vittima di un hacker che le ruba l'identità virtuale con tutte le conseguenze del caso (il conto in banca volatilizzato); il giovane che mostra il suo corpo a pagamento in un sito porno che affilia anche minorenni e così via. La visione di internet che ne scaturisce è vagamente terroristica e quasi reazionaria, se ne sottolineano solo gli aspetti negativi (in particolare due, uguali e contrari: uso malevolo - ti puoi mettere in gioco senza rischi - e uso benevolo - non ti metti in gioco, ma comunque rischi -). Così, tanto per essere chiari, quella di internet è sempre comunicazione fittizia che toglie spazio alla comunicazione vera (i genitori non conoscono i figli; i figli odiano l'ambiente familiare e ne evadono virtualmente attraverso il pc), l'ambiente online è terreno fertile per le truffe e l'alienazione; tutti i movimenti sono registrati, non hai la tua privacy; per arrivare alla situazione-paradigma: il padre disperato per il figlio in fin di vita che non ha mai compreso, arriva a conoscerlo accendendo il suo portatile.
Al di là di queste considerazioni, meramente contenutistiche, che il regista nella conferenza stampa veneziana disinnesca con determinata e ammirevole semplicità (sottolineando l'intenso lavoro documentaristico alla base del film, la mancanza di regole connesse all'uso quotidiano della nuova tecnologia, le intime contraddizioni del mezzo come rimedio alla solitudine) va riconosciuto a Rubin l'aver saputo riscattare il linguaggio quasi televisivo adottato attraverso un racconto che scansa lo schema in virtù di una scrittura secca ed efficace.
Si è citato moltissimo Crash di Paul Haggis come modello di riferimento: in effetti, come in quel film, l'idea è quella di offrire uno spaccato di contemporaneità consacrato a un unico tema (lì era il razzismo, qui internet) attraverso vari sguardi che convergono verso un unico punto narrativo. Con una differenza non da poco: in questo caso la frammentarietà è dato decisivo non solo a livello strutturale - come in Crash, dove si esauriva nell'artificio narrativo - ma anche (se non soprattutto) a livello argometativo, la molteplicità dei punti di vista, delle testimonianze di vita, delle modalità di comunicazione, essendo intrinseca al web, il tema cardine.
Nonostante le semplificazioni, le linee narrative dunque reggono e si sviluppano simultaneamente, evolvendo la tensione di pari passo e facendo sì che tutti i nodi vengano al pettine nello stesso momento, in un finale - apoteosi in montaggio alternato che si spegne al momento giusto, con un punto interrogativo, scansando, cosa non da poco, il lieto fine.