Recensione, Thriller

DIETRO LA PORTA CHIUSA

Titolo OriginaleSecret beyond the door
NazioneU.S.A.
Anno Produzione1947
Genere
Durata99’

TRAMA

La ricca Cecilia sposa, in Messico, Mark, affascinata dall’alone malefico che lo circonda. Ma cominciano le stranezze: lui fugge e lei si ritrova sola nella sua villa, dove colleziona stanze in cui ricostruisce illustri omicidi di donne.

RECENSIONI

Inizia in modo onirico, con l’Io narrante della protagonista che interpreta i propri sogni, fra sensazioni felici e premonizioni inquietanti. Prosegue nell’esoterico, fra pozzi dei desideri e romantiche “ville degli incanti” in Messico. È tutto immerso nell’ambiguità e i suoi chiaroscuri: Mark possiede il fascino del male, il matrimonio avviene con i visi degli amanti in ombra. Quando si arriva alla misteriosa e cupa villa dello sposo, caratterizzata (idea originale) da 7 (peccati capitali) macabre stanze dell’orrore, diventa più intenso il connubio fra amore e morte. Poi, gradatamente, è la razionalità della psicanalisi a farsi strada, Freud regna sovrano e spiega le tenebre con infanzie turbate, la misoginia con un latente odio verso la figura materna. L’estro figurativo di Lang è sempre più simbolico, con porte chiuse che sono quelle della mente e un finale di fuoco purificatore. Alla sceneggiatura la capace Silvia Richards (Anime in delirio di Curtis Bernhardt) che, con accenti poetici, dona maggior vigore al lugubre decadentismo (l’amour fou per un fou). Tanto impegno rischia di servire la causa sbagliata: il film è troppo simile ad altri, una miscela di Sospetto e La Prima Moglie - Rebecca, non mancano gli effetti dal colpo basso (lei che urla nella notte – stacco - si pensa sia morta - ritorna spiegando che aveva solo incontrato Bob…) e i colpi di scena non organizzati in modo efficace. Lang si è sempre interessato, come Hitchcock, al tema del dubbio e del colpevole innocente, trattandolo in modo più ampio (nella critica sociale) e più attento alle atmosfere angoscianti che agli abili shock “tecnici” ma qui tutta l’operazione pare richiamare troppo il cinema del maestro inglese nella vicenda (ne è la prova anche la forte presenza psicanalitica, tema meno ricorrente nel tedesco), comunque esaltante nella figuratività.