TRAMA
RECENSIONI
Alphaville cyberpunk, fantascienza barricata contro ogni senso industrialmente costituito, resistenza anti-narrativa, sfacciatamente, elementarmente metariflessiva e teorica (storia di doppi genetici, un protagonista alla ricerca della propria sceneggiatura): FJ Ossang, artista poliedrico al quarto lungometraggio, si destreggia tra un armamentario retorico ereditato dal cinema muto ma filtrato dalle nuove onde dei 60ies, imbastisce un'opera di ambizioni sfrontate, involuta in un manierismo autistico (e onanista), forma di una sostanza che si annichilisce, che gioca a farsi inerme, completamente disinteressata ad abbracciare lo spettatore, mentre regala momenti di cinema alti e sconnessi, capaci di aggredire sensorialmente lo sguardo, di ammaliarlo mimando maniere altrui, di ammorbarlo con calcolati turning point a vuoto. Un gesto cinematografico situazionista, una sontuosa, ma discontinua video-installazione su un cinema residuale, ridotto a detriti e reperti, a calchi di immaginario, dopo un'apocalisse lenta e inesorabile. Produce la benemerita Love Streams del genio di Agnès B., responsabile (cinematograficamente parlando) anche di Mister Lonely, Irréversible, Trouble every day.
