TRAMA
Cinque persone in un ascensore. Bloccato. Special guest: il diavolo.
RECENSIONI
Pilot di The night crhronicles, trilogia partorita dalla mente di M. Night Shyamalan, Devil presenta chiaramente i connotati del B-movie: budget dichiaratamente ridotto, maestranze attoriali di profilo televisivo, un respiro manifestamente (e intenzionalmente) ingenuo. E un insegnamento da dimostrare, con l'ambizione e la limpidezza di una parabola biblica nutrita di pop. Strutturalmente ed esteticamente Devil è come l'incontro virato in demoniaco tra Ai confini della realtà, Dieci piccoli indiani e E venne il giorno: programmaticità fondante, morale in evidenza, chiarezza formale d'assoluta naïveté. Del penultimo film firmato M. Night Shyamalan, Devil eredita la volontà esplicita di piegare il narrato, in ultima istanza, alla ricerca personale del personaggio principale: a matassa sbrogliata, il coup de théâtre finale - narrativamente disarmonico, goffo, posticcio, à la maniera consapevolmente manierata di Shyamalan - è ciò che risolve il dissidio interiore del protagonista (il detective, ridotto non a caso - a puro, impotente, passivo spettatore di un destino che lavora per lui). L'incipit intavola il tema (il perdono), la parte centrale intreccia fili apparentemente fuori luogo, il finale risolve con una quadratura del cerchio così chirurgica da cadere nel ridicolo. Se in E venne il giorno la mano finalistica del burattinaio coincideva con il puro movimento della macchina da presa, in un determinismo ambientale superficialmente scambiato per ecologico, qui agisce nel buio dell'unità di luogo, sciogliendo i nodi del jeu au massacre in un colpo di scena risibile, a testimonianza di un cinema inteso esclusivamente come luogo dell'incarnazione stilizzata di un pensiero, esercizio dello stile senza remore e timori, etereo e astratto nel suo cibarsi di corpi topici, stereotipi ridotti ai minimi termini. La simmetria di incipit ed excipit dimostra l'assoluta, fiera volontà radicale di semplificazione. Quel che ne esce è l'Hitchcock presenta di Shyamalan,diretto da altri (i fratelli Dowdle di Quarantena), minore per necessità produttive, ma dal cuore coerente. Figlio di E venne il giorno, ne conferma le modalità espressive, al limite del collasso nell'autoirrisione, l'intenzione ostinata di sacrificare la propria credibilità e la propria compattezza per sottomettersi alla missione principale, all' insegnamento di cui il film vuole farsi portatore. Prassi cattolica fatta rappresentazione pop, saldamente sospesa sul confine sottile tra seriosità sublime e frutto parodico, oggetto anomalo nell'epoca di Rodriguez: un B-movie senza compiacimento cinefilo, orgoglioso della sua primaria ottusità, del suo essere corpo vuoto percorso da un messaggio e mai sollazzo nerd, Devil è un'operetta morale mai controllata nel suo essere demenziale, mai autoriflessiva (anche se a volte citazionista, i suicidi di E venne il giorno, il twist-ending di Signs), mai rassicurante, proprio per questo più sottilmente perturbante, proprio per questo (e nonostante tutto) più problematica. Proprio per questo poco vendibile: Devil è il prodotto inferiore di una poetica pervicace, che declina la consapevolezza post-moderna e lo spirito del tempo altrove, lontano dall'autoerotismo conciliante di certi (pur godibilissimi) B-movie elevati (autorialmente) alla seconda, con il loro armamentario di disimpegno, il loro feticismo, la loro essenza (ontologicamente) autoassolutoria.