TRAMA
In un hotel, l’ispettore Neveu indaga sugli ospiti mentre suo zio cerca di scoprire chi uccise un principe anni prima. Françoise Chenal è innamorata di Jim Fox Warner che deve dei soldi a suo marito e al principe che viene dalla Sicilia.
RECENSIONI
Integralmente girato con inquadrature fisse, Détective scompone la nota formula del noir con attitudine ludico-chimica. Liquidiamo subito la questione riguardante l’ipoteca commerciale del film: a Godard servivano i quattrini per portare a termine Je vous salue, Marie e con Détective si è tolto il pensiero. Assolutamente film su commissione (la sceneggiatura porta la firma del produttore Alain Sarde), dunque, ma anche assolutamente film godardiano, o meglio “godardista”, se decliniamo l’aggettivo in chiave giocosa e antidogmatica. Godard sembra infatti giocherellare con tutti gli elementi a portata di mano, regalandoci una sorta di stentorea parodia del (suo) cinema. Basti prestare attenzione al titolo emblematicamente noir, alle star perentoriamente celebrate nelle didascalie (l’inglorioso epiteto scocca per Nathalie Baye, Claude Brasseur e Johnny Hallyday), alla trama iperfrantumata, al partito preso dell’inquadratura fissa, alla dedica finale a John Cassavetes, Edgar G. Ulmer e Clint Eastwood: solo uno squinternato potrebbe prendere sul serio una parata di simboli così (auto)ironici. Presentato in concorso al Festival di Cannes nel 1985, Détective è quindi un prezioso e gustosissimo divertissement condotto con la curiosità di un chimico dispettoso: data la rigorosa unità di spazio, tempo e azione (un albergo, una settimana, una detective story), Godard si sbizzarrisce facendo reagire gli elementi dati in un alambicco narrativo. Nelle inquadrature doppiamente statiche (non solo la mdp è sempre immobile, ma la messa a fuoco è inderogabilmente invariabile), i corpi degli attori si attraggono e si respingono come se fossero portatori di cariche luministiche, cromatiche, musicali. Ma non c’è traccia di seriosità nel contrappunto filmico: anche se l’intrigo dell’Hotel Concorde Saint Lazare produce situazioni drammatiche e citazioni letterarie da Shakespeare, Sciascia e Conrad, il tono di fondo conserva una qualità giubilatoria che è l’esatto contrario della malinconia. Indebitato con chiunque, il manager Jim Fox Warner (Hallyday) passa le sue giornate a giocare a biliardo e copulare con Françoise (Baye), la moglie di uno dei suoi creditori. Il detective Prospero (uno spettrale Laurent Terzieff) è ossessionato dall’inspiegabile omicidio consumatosi due anni prima nell’albergo e se ne sta chiuso nella stanza del delitto scrutando tutto e tutti con una telecamera. Il boss mafioso (Alain Cuny) si aggira per l’hotel portandosi dietro una bambina bionda, un ragazzino taciturno e un contabile inetto. Il pilota Emile (Brasseur) va e viene, rimandando di giorno in giorno il confronto con la moglie insoddisfatta che lo incita a riscuotere il denaro dovuto da Jim. La formula del noir è sarcasticamente disgregata e fatta a pezzi, insomma, salvo ricomporsi in uno pseudofinale che “telefona” la soluzione dell’enigma con una nonchalance letteralmente impagabile. In questo senso Détective rappresenta il punto terminale del noir, il confine estremo al di là del quale il genere si sfalda, dissolvendosi nella ruminazione iconografica. L’anno dopo Leos Carax, riprendendo Julie Delpy (una delle due attrici lanciate da Godard in Détective insieme a Emmanuelle Seigner), frequenterà le stesse latitudini narrative in chiave apocalittico-fumettistica con Rosso sangue. Un possibile dittico sulla malleabilità concettuale e iconica del genere.