TRAMA
Nagai è un imprenditore di successo, ma le pressioni degli azionisti si uniscono a una famiglia in disfacimento, lasciandolo completamente solo. Assume quindi il gigolò Keechie per ritrovare la moglie.
RECENSIONI
nima persa (davvero ritrovata?)
La bolla speculativa scoppiata nella finanza mondiale al sorgere del nuovo millennio è uno dei temi centrali del lungometraggio del giapponese Aoyama Shinji. Il protagonista è infatti uno dei fondatori delle tante società basate sulle nuove tecnologie che incontra la strada del fallimento dopo qualche anno ai vertici della scala economica e sociale. A una deriva lavorativa corrisponde la perdita della famiglia (moglie e figlia) a lungo trascurata per seguire il rutilante mondo degli affari. Il film parte con incisività presentando con pochi cenni il protagonista e l'agghiacciante universo in cui è immerso, con lavoratori che si licenziano nell'indifferenza generale, soci che dormono in azienda e capi boriosi per cui la debolezza è un male da schiacciare. Poi la voglia di raccontare la rabbia dei figli nei confronti dei padri, che non hanno saputo coltivare i sogni affogandoli nell'ambizione, trova espressione nell'iperbole attraverso il personaggio di un borderline gigolo che diventa il punto di contatto tra il protagonista e quel che resta della sua famiglia. Purtroppo l'analisi puntuale cede il passo alla grevità e l'autore finisce per calcare inutilmente la mano sul destino dei personaggi, con dialoghi e situazioni che devono sopportare il peso dell'indottrinamento e paiono sempre avere i sottotitoli del disagio. Poco aggiunge, quindi, il dolore del protagonista esternato dal suo continuo guardare il filmino dell'idillio familiare perduto, così come il mettere la bottiglia in mano alla moglie delusa o il far diventare un vero e proprio tormentone la frase "quando ottieni la cosa che vuoi questa scompare e diventa solo un'illusione". Più significative, anche se alla lunga prevedibili, le apparizioni dei genitori, spettro di un senso di colpa latente e mai sanato. Di grevità in grevità si giunge, a fatica, a un finale dove la tragedia lascia il posto ad una presa di coscienza risolutiva. Come spesso accade gli estremi fanno rumore, ma si perdono nella superficialità. La vita di campagna, l'abbandono delle responsabilità lavorative e un ritrovato equilibrio familiare paiono la soluzione ad ogni problema. Ma davvero sette galline e una casa isolata con moglie e figlia fanno la felicità?
