TRAMA
La giovane Dawn ha giurato di mantenersi pura fino al matrimonio. Una strana caratteristica del suo corpo renderà più interessante la faccenda.
RECENSIONI
Grigia provincia americana, un ammasso di edifici piatti su cui incombono due gigantesche ciminiere perennemente sbuffanti, che potrebbero (ma anche no) avere qualcosa che fare con le vicende di Dawn, acerba e odiosa teenager con l'hobby della castità e un gomitolo di nevrosi soffocate. Denti inizia e continua come la parodia di un teen movie: parodia in senso pieno, un sentiero parallelo in cui temi e figure del (sotto)genere appaiono prosciugati di ogni brio, svuotati di ogni possibile brivido, morti e imbalsamati più del solito (e non è un risultato da poco). Un film scientemente castrato, riflesso di una personalità (quella della protagonista) diffidente, reclusa nell'a(u)reola dell'inutile martirio (le riunioni pro castità), tentata dalle seduzioni dell'ignoto (il dormiveglia masturbatorio, colorato e grottescamente kitsch) ma invano. La Natura irrompe nelle vite protette dei personaggi con uno strappo crudele e necessario, punto di partenza di un romanzo di formazione alla Sade nel corso del quale la vittima, fra uno shock e l'altro, arriverà non solo ad accettare la sua condizione, ma a sposarla con convinzione e a utilizzarla a proprio vantaggio. L'eroe liberatore, ultimo stereotipo, sanguina impotente, si tratti di uno sfortunato pioniere, di un pallido everyman o dell'amore (inconfessato, proibito, sradicato) di una vita: Dawn, deliziosa sposina in bianco, non può essere difesa (che) da se stessa. Formalmente ligio al canone Sundance, Lichtenstein ha mano ferma e perfetto controllo dei propri strumenti: attori splendidi e a minimo tasso di glamour, dialoghi scarni e "banali" quanto basta, nessuna ansia di plausibilità a turbare il cupo splendore delle immagini (la ricerca notturna nel bosco, l'agonia della madre), un finale "aperto" che è in fondo la cosa più banale, ma tutt'altro che una nota stonata. Nel complesso, un piccolo gioiello.
