Drammatico, Storico

DEAR COMRADES!

Titolo OriginaleDorogie tovarishchi!
NazioneRussia
Anno Produzione2020
Durata120'
Fotografia
Scenografia

TRAMA

1962. L’Unione Sovietica è impegnata a mantenere vivi gli ideali comunisti sotto Krusciov e a non perdere il passo con gli Stati Uniti. La cittadina di Novocherkassk, nella regione del fiume Don quasi al confine con l’Ucraina, entra in crisi all’improvviso a causa di uno sciopero indetto dagli operai della fabbrica di locomotive locale. Il segretario regionale del partito viene immediatamente convocato, mentre Lyudmila, funzionaria di partito e convinta sostenitrice della causa, si accorge che la figlia adolescente Svetka fa parte dei manifestanti. L’imbarazzo per l’episodio lascia ben presto spazio alla confusione, e poi alla paura, mentre da Mosca arrivano notizie di una rappresaglia annunciata che sconvolgerà la cittadina.

RECENSIONI

Končalovskij è regista di ieri e Dear Comrades! (premio speciale della giuria, Venezia 77), con tutti i pregi e difetti del caso, è solidissimo cinema d'autore d'altri tempi. Un cinema probabilmente incapace di parlare una lingua adeguata alle esigenze contemporanee (ma in fin dei conti è davvero così importante?), eppure innegabilmente efficace nel far vibrare assieme le tensioni del racconto con uno scoperto impegno politico, le esigenze di ricostruzione storica con una sobria ed eticamente quasi ineccepibile raffinatezza formale. Končalovskij prende in mano una vicenda incandescente (il 2 giugno 1962, per reprimere un importante sciopero a Novocherkassk, il governo ordinò di sparare sui dimostranti e secretò i fatti fino agli anni Novanta) e la trasforma in una parabola sulla disgregazione di quei valori su cui qualche decennio prima si era costituita l'unità morale e ideologica del Paese. Come sempre però, la messa in scena della Storia non può che dialogare con il Tempo in cui si rivela e come spesso accade nella cinematografia dell'Europa dell'Est il passato serve soprattutto a leggere e ad ammonire il presente. Va da sé, la scelta dell'argomento è puntualissima, le costanti narrative pure: non è certo un caso che nell'economia del racconto tanto si insista su quei “patti di riservatezza” imposti fin da subito dagli organi governativi a qualsiasi testimone del massacro o su altre forme più o meno organizzate di oscuramento dei peccati della classe dirigente. Ora come allora, un intero sistema di miti e ideali crolla dall'alto, schiacciato dall'incolmabile distanza che esiste tra il popolo e le autorità, tra la nobile idealizzazione di un principio e la sua effettiva realizzazione pratica.

Dear Comrades! ha però anche il pregio di svelarsi in una narrazione dalle coordinate salde, capace finanche di cambiare direzione senza mai perdere la bussola. Ad una prima parte in cui protagonista è la massa e in cui tutti gli sforzi di messa in scena convergono nel ricostruire, oltre alle costanti storiche e intellettuali del periodo, l'immagine di una tragedia a lungo celata (e quindi invisibile), ne segue una seconda che pare aderire in modo più evidente allo spazio emotivo del thriller: una madre deve ritrovare sua figlia, lottando contro i depistaggi e i disumani interessi del governo. L'andamento narrativo, insomma, riflette il progressivo disincanto ideologico: dalla massa al singolo, dal gruppo all'individuo, dall'ideale sociale condiviso al rapporto materno e familiare come ultima e unica roccaforte di salvezza e di speranza (beffarda) nel futuro, mentre tutt'attorno un intero mondo di valori si sta rapidamente sgretolando.

Cinema vecchio, si dirà. Ma va anche bene così. Godiamone, finché c'è.