TRAMA
A Parigi, Paul è infelice da quando Anna lo ha lasciato. Incapace di trovare l’energia per andare avanti nella sua vita, torna a vivere con suo padre. Jonathan, suo fratello minore, eterno studente, non ha ancora lasciato la casa paterna.
RECENSIONI
Due fratelli, due percorsi sentimentali: Paul (Romain Duris), depresso e in rotta con la compagna, si macera nella casa paterna nella quale ha fatto ritorno; lo studente Jonathan (Louis Garrel) bighellona per la città e ha tre convegni sessuali, come per sfidare l’immobilità di Paul, scuoterlo, risvegliarne il gusto per la vita.
Un’opera bipartita, giocata sui diversi umori dei due protagonisti: il dramma del fratello maggiore da una parte - derivante da una relazione tossica in cui si ama troppo e male - e la commedia amorosa dall’altra - quella del minore, un narratore onnisciente, novello Doinel stralunato e pieno di passione, che modella, indirizza e sembra dirigere (e un po’ inventare) gli avvenimenti -. Honoré struttura il racconto a suo modo, cominciando dalla fine: un trio di persone in un letto e tra essi Jonathan che, svegliatosi, si rivolge direttamente allo spettatore. Consapevole dell’artificio, e sottolineandolo, il giovane riavvolge il nastro degli avvenimenti del giorno precedente.
Sullo sfondo ciò che resta di una famiglia: il solito tragico passato marca Honoré (il suicidio di una sorella, l’abbandono del tetto coniugale della madre) nel leggero mélange di teatro (i dialoghi ricercatissimi della coppia in crisi), letteratura (i libri ostentati, come in un film di Godard o Truffaut) e cinema (quello più amato: la nouvelle vague), con accenni a Jean Eustache e al musical di Jacques Demy (l’addio al telefono: doloroso e sereno a un tempo, accettazione della fine di un rapporto sulle note di Alex Beaupain: «prima del dolore e del disgusto/ finiamola qui»). Nel frattempo i livelli del racconto si intersecano, nessuna scansione temporale convenzionale è rispettata, il fraseggio filmico ha la libertà di una jam session (la partitura free jazz non è un caso).
Un conte de Noël (è il 24 dicembre) che ha la grazia delle verità riconoscibili (la morte e il dolore si affrontano nella riscoperta delle gioie dell’infanzia, con la passione e i piccoli piaceri derivanti da un libro o da un disco - la sequenza su Cambodia d Kim Wilde è un colpo al cuore -), in cui l'autore torna alla costante poetica del rapporto tra due fratelli, alla necessità del contatto fisico (Honoré sembra sottolinearlo più del solito: l’intimità condivisa, i frequenti baci in famiglia, fino a indulgere con nettezza sulla mano di Paul che si aggrappa alla schiena del padre nel momento della crisi di pianto), alla morte come leit motiv (se un lutto familiare si è già consumato, il suicidio di Paul è sempre una possibilità - le pillole, il balcone, il tuffo nella Senna -).
Nella varietà dei toni, tra struggimento e fiammate brillanti, uno dei risultati più armonici e incontestabili del regista.
Fratelli Honoré:
Tout contre Léo - Dans Paris - Le Lycéen