TRAMA
1946, Patto Italo-Belga:il Governo italiano si impegna a trasferire 50.000 minatori in Belgio con frequenza di 2.000 lavoratori a settimana. In cambio il Governo belga garantisce all’Italia il diritto di acquisto di una certa quantità di tonnellate di carbone per ogni minatore (donde la querimonia dei lavoratori italiani: “Siamo stati venduti dall’Italia per un sacco di carbone”).
RECENSIONI
Inevitabilmente condizionato da limiti economici e tecnici (15.000 euro di budget, riprese in Mini DV con una Panasonic DVX 100 AE), Dallo zolfo al carbone è un interessante documentario di stampo storico-antropologico che si sviluppa lungo tre linee narrative:
1- Immagini di carattere misto (riprese in digitale, fotografie d’epoca, filmati ferroviari di repertorio) che introducono nel sottosuolo, suggeriscono l’interminabile viaggio degli emigranti dalla Sicilia al Belgio, illustrano la realtà del lavoro in miniera e ci conducono all’uscita della grotta.
2- Le testimonianze, raccolte con interviste frontali, dei protagonisti: uomini e donne che tra la seconda metà degli anni ’40 e gli anni ’50 hanno affrontato il viaggio dalla Sicilia al Belgio e si sono adattati alle condizioni di vita predisposte dalle autorità belghe (gli immigrati erano alloggiati nelle baracche utilizzate fino a qualche anno prima per i prigionieri di guerra). Oggi, a sessanta anni di distanza, raccontano le loro esperienze davanti alla videocamera.
3- Particolari ravvicinati della lavorazione di due opere (la scultura in zolfo “Ciarla scopre la luna” di Leonardo Cumbo e il dipinto “Dallo zolfo al carbone” di Francesco Galletti) realizzate per l’occasione: le opere ultimate verranno mostrate solo al termine del documentario, il loro farsi scandisce la trattazione della materia evocando indirettamente il farsi del documentario stesso.
Queste tre sezioni procedono in parallelo, alternate a calibrati interventi di storici, sociologi e antropologi che, illuminando l’argomento da un punto di vista più distaccato e “disciplinato”, fissano i termini cronologici, chiariscono le dinamiche socioculturali e approfondiscono i risvolti antropologici della realtà descritta. Strutturato in dodici agili capitoli (“I protagonisti”, “Il patto Italo-Belga, “Perché sono partiti?”, “Il viaggio dalla Sicilia”…) e forte di un minutaggio misurato (53’), il documentario del filmaker nisseno Luca Vullo (classe 1979) ha in definitiva un duplice merito: da una parte riesce a raccontare l’epopea belga dei minatori siciliani bilanciando aspetti umani e quadro storico-politico, dall’altra non rinuncia a ritagliarsi uno spazio di riflessione in cui meditare, per interposte opere, sulla propria natura di artefatto audiovisivo. Pregevole il commento musicale di Giuseppe Vasapolli.
