Drammatico, Recensione

CROSSING OVER

Titolo OriginaleCrossing Over
NazioneU.S.A.
Anno Produzione2009
Durata113'
Sceneggiatura
Fotografia
Montaggio
Scenografia
Musiche

TRAMA

Il permesso di soggiorno: chi combatte la sua battaglia quotidiana per ottenerlo, chi lavora perché venga concesso, chi lo usa come un’arma…

RECENSIONI

Seguendo il consueto adagio delle storie che si incrociano in un terreno di comune dolore, secondo dinamiche note che evidenziano i nodi che si intrecciano intorno al tema prescelto (l'immigrazione, in ogni possibile implicazione) in base ad uno schema che tende a problematizzarlo da un lato e a relativizzarlo dall'altro, il film trova nel fortunato Crash, il riferimento più recente e ovvio: come il film di Haggis Crossing over ¹ si rivela programmaticamente didascalico nell'esposizione delle diverse situazioni, proponendo personaggi paradigmatici ed esponendone i drammi a mò di esempio, presentando diverse etnie (iraniana, coreana, messicana etc), per tutte esponendone differenze sociali, gradi diversi di integrazione, piccole e grandi difficoltà. Nel suo limpido e predicatorio teorizzare sulle differenze etniche, religiose e sociali in generale e sulla necessità del rispetto della cultura della diversità, il film di Kramer rivela la sua vocazione prettamente educativa: in esso, insomma, la costruzione della fabula è diretta, prima ancora che a creare una tensione narrativa che giustifichi il film dal punto di vista spettacolare, a delineare un'ideale morale da esporre al pubblico e, complice un manicheismo funzionale all'obiettivo, un argomento etico sul quale lo spettatore possa riflettere e con il quale trovi agevole confrontarsi. In un mondo in cui si sopravvive a una burocrazia impietosa, in cui è tutto un muoversi tra confini ideali e fisici, in cui si gioca per la vita con le apparenze e gli inganni, in cui un timbro su un foglio di carta può cambiare una vita, un mondo fatto di autorizzazioni, permessi, cavilli, lasciapassare che sottendono spesso la grande ipocrisia in cui le istituzioni affondano le loro radici e di cui la stessa società si nutre troppo spesso per convenienza, per paranoia, per indifferenza, i percorsi di questi personaggi (sottolineati dalle panoramiche dall'alto che inquadrano le grande arterie della città di Los Angeles in cui essi si muovono) finiscono col confluire tutti nel luogo simbolico in cui viene sancita la naturalizzazione di molti di loro. Certo, questo è il massimo dell'autocritica che ci si può aspettare da un prodotto medio hollywoodiano, in questo senso è un film di spirito liberal classico e accorto che, proprio stanti i suoi scopi, rivela i suoi limiti risultando tanto più giustificato quanto più riesca a essere diffuso, tanto più inutile quanto più limitato alla fruizione di un pubblico di nicchia.