TRAMA
Già amanti, si ritrovano molti anni dopo. Decidono di far fuori il ricco marito di lei, ma…
RECENSIONI
Il primo lungometraggio di Antonioni è un superbo dramma da camera mascherato da impeccabile noir: imprigionati nel lusso pacchiano delle ville alla moda o nel grigiore della periferia milanese, i personaggi sono complici e vittime di un destino che gioca con le esistenze e fomenta le illusioni (non ultime quelle dello spettatore: gli stilemi gialli si rivelano indizi depistanti, macerie ancestrali) per poi dissolverle in prossimità della svolta decisiva. Duplice ironia del titolo: la cronaca cede il passo a un racconto ellittico e ciclico come un (doppio) sogno, l’amore è soltanto nostalgia, ripicca e calcolo, poco più di un gioco mondano insomma, ma avvinghiato con puerile ostinazione all’alito della morte. I percorsi e le indagini si sovrappongono fino a smarrirsi, i dialoghi scabri e insinuanti punteggiano con rapinosa maestria immagini di crudele bellezza, impietosi piani sequenza che non concedono (quasi mai) scampo, con sommesse tracce jazz a scandire e lacerare gli eloquenti silenzi di un’impossibile convivenza erotica (non solo coniugale). Lucia Bosé, cigno d’inquieta perfezione, è l’elemento migliore di un cast di buon livello.