Focus, Horror, Raiplay, Recensione

CRIMES OF THE FUTURE

Titolo OriginaleCrimes of the Future
NazioneFrancia, Grecia, Canada, U.K.
Anno Produzione2022
Genere
Durata107'
Sceneggiatura
Fotografia

TRAMA

Futuro: l’umanità ha subito delle mutazioni, tra le quali c’è la scomparsa della percezione del dolore, cosa che permette di effettuare interventi chirurgici senza anestesia. Saul Tenser e Caprice eseguono così performance artistiche di asportazione chirurgica di nuovi organi dal corpo dello stesso Tenser. Alcuni individui sembrano addirittura capaci di digerire la plastica.

RECENSIONI

Il corpo è la realtà, la chirurgia è il nuovo sesso: era dai tempi di eXistenZ che Cronenberg non abbracciava la fascinazione dell’orrore sul corpo umano come allegoria del malessere sociale. Questa co-produzione girata in Grecia lo riporta in quei lidi, creando un ponte ideale e circolare con il suo secondo, omonimo lungometraggio, di cui ritornano le mutazioni somatico-artistiche, le pulsioni deviate e i set anomali (qui case avveniristiche, relitti arrugginiti, interni fatiscenti). Da un lato, è un meraviglioso compendio delle ossessioni dispiegate da Brood ad eXistenZ, con colori che hanno la tonalità dell’organo non irrorato di sangue, con l’inquietudine giocata sul filo del grottesco (fra snack, concorsi di bellezza interiore e impianti auricolari senza occhi e bocca), con l’attrazione/repulsione delle manifestazioni orrifiche/sessuali (la libidine delle penetrazioni ventrali, dei tagli e di Kristen Stewart), con la creatività/libertà per oggetti (la sedia organica; lo strumento da autopsia) e scene disturbanti (si inizia uccidendo un bambino, si finisce esaminandone il cadavere). Dall’altro, Cronenberg va oltre in modo geniale: non solo chiude il discorso sulla Nuova Carne ma spiega anche il processo creativo che l’ha sotteso, distinguendo fra ciò che è cancro (l’orrore fine a se stesso) e arte (mappare il caos, accettare l’evoluzione naturale, identificare le strumentalizzazioni). L’algido scienziato, quindi, è sostituito dall’artista fisiologico, un infiltrato nella confessione che, anziché professare le mutazioni, ne asporta gli organi (parto del suo subconscio), li modella e ne fa spettacolo (cioè significato) per l’avido pubblico. Solo l’Arte è in grado di simulare il dolore tanto necessario quanto allontanato e di esporre, rappresentandola, la crescita tumorale nella società, fra aziende che mantengono il cancro per lucro e istituzioni che, in nome del controllo, sanzionano il disordine evolutivo.

L’ultimo film di Cronenberg sa davvero di ultimo film di Cronenberg, quello che “lo ricapitola e lo consegna ai posteri”, come si diceva una volta. È Cronenberg stesso a non fare nulla per nasconderlo, a partire dal titolo che rimanda al suo medio/lungo-metraggio di 52 anni fa, dal quale mutua l’assunto di partenza (un corpo che continua a rigenerare organi asportati chirurgicamente). Quello di Crimes Of The Future pare fosse un progetto tenuto nel cassetto da più di vent’anni, intitolato Painkillers, e si vede. Di fatto, riprende il discorso di/da eXistenZ (1999), ultimo (fino a oggi) film della prima fase del suo cinema e che già, a ripensarlo adesso, era una sorta di bignami provvisorio, prima che con Spider (2002) Cronenberg iniziasse a cercare di evadere dai confini del Body Horror per ampliare il discorso, sentendo forse di aver già detto tutto. E non è un caso, allora, che Crimes Of The Future si presenti come un film fondamentalmente, e consapevolmente, vecchio. Tutto l’armamentario biotecnologico / chirurgico – il letto, la sedia, la capsula, il pad/controller organico – è ampiamente già visto, già inteso e metabolizzato. Il discorso sulle mutazioni indotte dalla tecnologia sul corpo, sulla percezione della realtà e sulla sessualità suonano ormai talmente risapute da innescare una strana forma di imbarazzo/pudore. E anche la riflessione, apparentemente più nuova (non lo è, basta riguardarsi il corto The Italian Machine – 1976 -), sull’Arte concettuale, sulla performance art, sulla body art, sono ampiamente fuori tempo massimo. Orlan o Stelarc (citato alla lettera nella sequenza delle orecchie innestate) non rendono anche quell’aspetto obsoleto? Per tacere di esperienze più underground, come l’ormai vecchio “cinema” S&M tedesco a base di torture/perforazioni genitali fino a lavori come Head Splitting, in cui si filmava un – vero - intervento chirurgico di biforcazione del glande.

David Cronenberg, però, tutto questo sembra in qualche modo saperlo. E sembra anche scherzarci su. Nella citata sequenza stelarc-hiana, la “performance orecchiuta” viene diegeticamente derubricata, più o meno, a inutile pagliacciata. Non è un particolare da trascurare. E anche l’aver esplicitato in maniera così spudorata la profezia dei fratelli Mantle di Dead Ringers – Inseparabili sui “concorsi di bellezza per organi interni”, o il citare la messaggeria-su-tubo-catodico di Videodrome, non può che suonare sottilmente autoironico. A ben vedere, tutto il film odora di steampunk polveroso, di retroguardia retrofuturista, di autodisinnesco autoparodico, quasi. Compreso lo stile, talmente freddo, controllato e autoriale da diventare quasi sospetto. Come se – sono a rischio sovrainterpretazione, pazienza – David Cronenberg avesse voluto dare in pasto (nudo) al suo pubblico tutto quello che il suo pubblico si aspetta da lui ma, allo stesso tempo, volesse in qualche modo rinfacciare a questo suo pubblico, col sorriso sulle labbra, di averlo fin troppo magnificato, mitizzato e di averlo quasi costretto a diventare il Grande Autore Serioso che forse non avrebbe voluto essere. E che ora non vuole più nessuno, a giudicare dalle note traversie produttive che ha dovuto affrontare, prima di rimediare fondi greci in modo quasi rocambolesco.
Crimes Of The Future risulta quindi il film-riepilogo di un regista disincantato che si guarda indietro – e dentro – con cinismo e amarezza e ci consegna uno strano testamento insieme chiaro e criptico, che chiede di essere preso tremendamente sul serio nel suo non prendersi sul serio.