TRAMA
Il film è composto da 5 “storielle” precedute da un prologo e seguite da un epilogo.
Nella prima, The Father’s Day, i rampolli della famiglia Grantham si riuniscono per celebrare la festa di papà Nathan che morto per l’assassinio della figlia Bedelia risorge dalla tomba per vendicarsi dell’intero nucleo familiare.
La seconda, The lonesome Death of Jordy Verrill narra di un giovane fattore che venendo a contatto con del liquido di un meteorite caduto in giardino inizia a ricoprirsi di uno strano muschio verde.
Something to tide You over è invece la storia di un marito che in seguito ad un tradimento decide di uccidere la moglie fedigraga e l’amante in una maniera piuttosto singolare: li seppellisce in una spiaggia privata fino alla testa per poi farli annegare con l’alta marea mentre lui assiste allo spettacolo comodamente a casa sua grazie a un sistema di telecamere; ma non calcola che i cadaveri torneranno per perseguitarlo.
Il quarto episodio, The Crate, riguarda il ritrovamento di una misteriosa cassa nel laboratorio dell’università del Maine contenente un mostruoso animale non meglio identificato che divora sbranando una serie di vittime. Mostruosità di cui qualcuno finirà per servirsene.
Nel quinto e ultimo capitolo, They’re creeping up on You, il perfido riccastro Upson Pratt si isola in un avveniristico attico di un grattacielo per evitare il contatto con la sporcizia in genere e con gli scarafaggi in particolare, dai quali verrà però letteralmente invaso.
RECENSIONI
La genesi di Creepshow è tanto semplice quanto avvincente poiché erompe dal proficuo incontro tra Stephen King e George Romero, lo scrittore e il regista che forse più di tutti hanno influenzato la storia della cultura horror degli ultimi 30 anni senza per questo mai giungere a rigide codifiche estetiche e sclerotizza(n)ti cliché testuali. Il progetto comune è quello di trasporre cinematograficamente il romanzo Salem’s Lot, ma King ha ceduto i diritti alla Warner che a sua volta li ha girati alla CBS, la quale chiama Tobe Hooper a dirigere il tv movie di 4 ore che tutti conosciamo. Il fantastico duo, trovati i finanziamenti grazie al solito Richard Rubinstein della Laurel Entertainment, decide così di veicolare la divorante passione viscerale per i fumetti (almeno un certo tipo di fumetti) convogliandola nell’omaggio esplicito all’universo degli E. C. comics, le famigerate strisce che la Entertaining Comics di William M. Gaines fece circolare per qualche anno in pieno periodo maccartista (celeberrimi i Tales from the Crypt), fino a che non ne interruppe bruscamente le edizioni in seguito all’oscurantismo delle commissioni di censura dell’epoca.
Creepshow, nelle esplicite intenzioni degli autori, ricalca proprio quel tipo di estetica da fumetto, nello stile e nel decor. Viene assunta anche una licenza poetica nell’inserire (per contaminatio, visto che il personaggio apparteneva ad un’altra casa editrice, precisamente la Warren Publishing Co.) la figura di Uncle Creepy (tradotto da noi in un ignobile Zio Tibia, apparso alla fine degli anni ’60 per i tipi di Mondadori) che funge da narratore delle varie storie. Il film, date queste premesse, va inevitabilmente letto in chiave di sperimentazione linguistica in cui per l’appunto Romero e King ricostruiscono nostalgicamente un contesto culturale, un universo poetico, che non esiste più, intersecando in maniera sorprendente e con felici effetti di contiguità, l’eterogeneità dei due registri espressivi. Le storie di King, sceneggiate dallo stesso Romero in perfetta armonia con le atmosfere dei racconti E. C. comics, , vengono fumettizzate mediante espedienti linguistici semplici (finanche ingenui) ma efficaci quali lo split screen(che restituisce l’effetto quadro dei box fumettistici), il cartoon, le debordanze cromatiche atte ad aumentare il sensazionalismo proprie dei giornaletti degli anni ’50. Il succo narrativo delle vicende risiede nel principio moralistico della punizione per il male commesso. Ogni azione morale deve avere, quasi per una sorta di giustizia inappellabile fondata su leggi fisiche, una conseguenza. La conseguenza per un’azione moralmente abietta è la punizione nemesica che, non propriamente vindice, ristabilisce presunti equilibri etici. Il fascino tutto visivo di questo meccanismo pseudo-morale è annunciato nelle soluzioni registiche di Romero in cui nuove erinni del truculento (zombi che riemergono da sotterra reclamando torte votive, revenant marini che tornano per perseguitare l’esistenza dei vivi, bestie mostruose dalla ferocia belluina, vegetali provenienti dall’ignoto, etc. etc.) sono preposte al ristabilimento di tale giustizia. D’altronde Creep- Show è il novello spettacolino da fiera del grand-guignol finalizzato a provocare etimologicamente sani e adrenalinici brividi di paura attraverso l’esibizione del raccapriccio, nel quale è racchiusa tutta l’intrigante sinistra filosofia dell’orrore spicciolo del mondo E. C. comics, anche se poi la “baracconata” non risparmia inattese sferzate al(le recrudescenze del) bigottismo stelle e strisce (in perfetto Romero-style) bersagliando in lungo e in largo il concetto di famiglia in tutte le macabre storielle “ai confini della realtà” (tranne nello straordinario episodio “entomologico” finale, They’re creeping up on You, con E. G. Marshall nei panni dell’ennesimo Ebenezer Scrooge dickensiano rivisitato in salsa kinghiano-kafkiana) a partire dal promettentissimo prologo. Operazione malinconicamente giocosa e gustosa purtroppo non replicata dalla modestia immaginativa di Creepshow 2 ad opera di Michael Gornick (insostituibile ed inscindibile direttore della fotografia del nostro) in combutta con il caro George Andrew.