TRAMA
Dopo 25 anni di matrimonio, un uomo viene lasciato senza preavviso dalla moglie e va ko. Un giovane playboy incontrato per caso decide di aiutarlo a rimettersi in piedi. Parallelamente, tutti intorno a loro hanno problemi sentimentali.
RECENSIONI
Prove tecniche di screwball comedy
In un periodo in cui la moda sembra imporre alle commedie la scorrettezza - quasi sempre apparente - Crazy, stupid love, lo diciamo subito per restare sull'attualità, è correttissimo. Volgarità contenuta, scatologia bandita, niente uso di droghe, spudorata esaltazione della vita di coppia e della fede nell'anima gemella.
Fortunatamente gli autori provano invece a restare nella memoria per uno stile brillante e personale.
Film corale con vicende parallele, ma destinate ad intrecciarsi, tutte sul tema amoroso, mette a confronto le pene d'amore nelle diverse età della vita, con un approccio molto più Love actually che Appuntamento con l'amore, fortunatamente.
Fulcro della storia un uomo comune tra i quaranta ed i cinquanta mollato dalla moglie in crisi di mezz'età - e nulla di più profondo ci verrà svelato nel corso del film sulle cause di questa crisi coniugale di cui la donna sembra pentirsi già alla seconda scena. Incapace di reagire e ridefinirsi, il cuore abbandonato trova sostegno in uno sciupafemmine che decide, per ragioni francamente imperscrutabili, di addestrarlo all'acchiappo seriale da bar. Tutto intorno, tutti scelgono la persona sbagliata - per età, indole, stato civile... Ribadendo, con una vena di maschilismo, quanto stupidamente ci si muova di solito sul terreno dei sentimenti.
A differenza di altre commedie sentimentali guidate dal criterio della giustapposizione dei grandi nomi, Crazy, stupid love beneficia di un cast accattivante ed eterogeneo di star. Steve Carrell, difficile da non associare alla sua stupida filmografia, è in effetti la faccia perfetta per la sua parte, mentre Julianne Moore, anche se troppo spesso gioca la carta dell'espressione "sul punto di piangere", è un indubbio valore aggiunto al film. Nelle file dei giovani, poi, ci sono la nuova stella di Hollywood - Emma Stone - e l'attore più in ascesa dell'anno (o del mese, vista la concentrazione di uscite) - Ryan Gosling. Efficaci le smorfie buffe di lei che ne fanno una promettente "bella e simpatica", efficace all'esordio nella commedia lui. Ma sono ben scelti anche tutti gli altri, da un Kevin Bacon meno cinico del suo clichè, a Marisa Tomei, infiocchettata in un look barocco che penalizza la sua bellezza per giustificare l'ennesimo ruolo di donna all'infruttuosa ricerca di un partner.
Il risultato finale è però poco unitario, come lo era anche l'interessante I love you Philip Morris degli stessi autori. A scene decisamente riuscite - la telefonata spiata dalla finestra tra Carrell e Moore, l'esito imprevisto dell'annunciata notte di fuoco tra Stone e Gosling, molti momenti dell'addestramento di Gosling a Carrell - si alternano sequenze disastrose come il patetico discorso di fine anno del figlio della coppia, sempre ansioso di mettersi in imbarazzo.
La scrittura, a tratti brillante, in alcuni punti utilizza logori slogan romantici ("Si deve lottare per la propria anima gemella"). Il finale è troppo diluito, indebolito da troppe false rappacificazioni.
Insomma, nulla di male a ricordare che l'amore è pazzo e molto spesso stupido. Il problema è solo che Ficarra e Requa non sempre riescono a dirlo in modo originale e piacevole.
Si segnalano, a margine, ulteriori testimonianze, anche in questo film, dell'imperante revival anni Ottanta: il sorprendente ritorno in auge di Dirty dancing (recentemente al centro anche de Il truffacuori) e l'evidente richiamo ad American gigolo nel guardaroba e nello stile sicuro del playboy interpretato da Gosling. Molto di moda anche il romanzo La lettera scarlatta, già ampiamente citato in Easy girl, proprio con Emma Stone.
L’amore per la commedia classica hollywoodiana dei due autori funziona meno, dopo Colpo di Fulmine, a causa di un testo troppo convenzionale in schemi, temi e traiettorie, quando la loro precedente regia spiazzava con registri contraddittori e figure anomale. Tutto potenzialmente spassoso, mediamente simpatico, ma la parabola sentimentale, con la fine di un amore, gli intrecci sentimentali in parallelo e il ritorno all’ovile, ingrana poco. Riuscito, però, il personaggio di seduttore di Ryan Gosling, maestro di un Steve Carrell che pare uscire direttamente dai film di Judd Apatow; amabile ed imbarazzante la cotta del figlio di Carrell per la babysitter (come quella della baby sitter per Carrell stesso: altro crazy, stupid, love.). Anche il ruolo da mangiauomini di Marisa Tomei è degno di nota. Fra equivoci e disagi, come schema vecchio quanto il cinema insegna, si approda alla baraonda finale da commedia sofisticata, dove tutto è rivelato e salta la polveriera. Glenn Ficarra e John Requa non inseguono le gag scatologiche di Apatow, né il finto demenziale dei Farrelly: cavalcano le situazioni bizzarre ma si tengono in equilibrio sulla malinconia ilare del loro protagonista. Vengono dai cartoni animati e traducono per il cinema la sceneggiatura di un altro esperto di animazione per famiglie, il Dan Fogelman di Cars 2 e Bolt, il quale si perde nella voglia di urlare i messaggi di “amore per sempre” e “perseveranza sull’anima gemella”, fino alla nausea, senza il contro-bilanciamento necessario da parte dei “bad guys” e “bad things” di turno. L’iter è scontato, anche se è indovinata la sorpresa finale riguardante la fidanzata di Jacob.