Commedia, Recensione

COSÌ FAN TUTTI

Titolo OriginaleComme une image
NazioneFrancia
Anno Produzione2004
Genere
Durata110'
Scenografia

TRAMA

Lolita, giovane cantante grassoccia e infelice; suo padre Etienne, celebre scrittore ed editore; Sylvia, maestra di canto di Lolita, ammiratrice di Etienne; Pierre, marito di Sylvia, scrittore in crisi: le loro esistenze nell’arco di sei mesi.

RECENSIONI

IL GUSTO DEGLI ALTRI non è un problema per i personaggi del secondo film da regista di Agnès Jaoui: semplicemente, gli altri non esistono, sono rumori di fondo da eliminare alla svelta (o alla peggio da ignorare), oggetti trasparenti su cui appendere cascami di luoghi comuni, inadeguati specchi in cui ammirare fugacemente il proprio riflesso. Con un’eccezione: campione assoluto di autismo emotivo, Etienne regna su un mondo cortigiano i cui sudditi, all’inizio animati dall’affetto e dalla sincera ammirazione, si mutano col tempo in scimmie ammaestrate, pupazzi nelle mani di un burattinaio sperduto quanto loro, confortato solo dal conformismo. Sul fronte dell’arte, alla scrittura come delirio egocentrico si oppone la musica, veicolo privilegiato della comunicazione umana (o di quel che ne resta): lungi dall’essere effimera consolazione, il canto permette di esprimere il proprio dolore e (talvolta) di venirne a capo, smascherando i tristi equilibri di un salotto la cui anticamera rigurgita di cervelli e cuori in panne. COMME UNE IMAGE (che non è solo il titolo del romanzo che porta al successo Pierre, ma anche la seconda parte di un’espressione idiomatica – sage comme une image, tranquillo come un disegno – solitamente riferita a bambini: un’ironica allusione alla tempestosa irrequietezza di Lolita) non è una commedia prossima al dramma (come era possibile aspettarsi dall’autrice de IL GUSTO) ma un dramma in forma di commedia con musiche (la partitura di Philippe Rombi ingloba splendidamente le pagine del repertorio classico), un vaudeville nell’accezione cechoviana del termine (le sequenze campestri richiamano Zio Vanja). L’opera non possiede l’affilata eleganza e la squisita compattezza del film precedente [la presentazione dei personaggi risulta a tratti involuta, alcuni snodi narrativi (la riconciliazione di Etienne e Karine) un po’ frettolosi] ma la lucidità dei dialoghi, la messinscena essenziale (nel corso del duello di Etienne e Sylvia, pochi movimenti di macchina sono sufficienti a evidenziare l’imbarazzo, l’incredulità e l’incomprensione che aleggiano nella stanza) e la superba prova del cast regalano momenti di grande cinema (il pranzo dei conigli, il concerto) e un finale che non alimenta illusioni: Lolita e Sébastien ricompongono soltanto per caso la crisi di coppia (avendo la possibilità di ricominciare da capo, dall’unica azione completamente libera della loro relazione), la bellezza della musica esplode finalmente nel silenzio di una notte desolata.