Drammatico, Netflix, Recensione

CONFIDENZA

TRAMA

Il professore di Lettere Pietro ha una relazione con una sua ex-studentessa, Teresa, e si dicono vicendevolmente un segreto inconfessabile. Quello di Pietro, evidentemente, allontana Teresa e non la vede per un anno. Si sposa, ha una figlia ma pensa sempre a lei e a quella confidenza che, se rivelata, rovinerebbe la sua vita.

RECENSIONI

È un dialogo a metà film a rivelare, con ancora più decisione, la natura fosca e viscosa di Confidenza di Daniele Luchetti. Tilde (Isabella Ferrari, editrice di successo, agganciata al Ministero dell’Istruzione) dice ad Elio Germano (Pietro, professore di lettere e scrittore di articoli di pedagogia): “non mi piacciono gli scrittori che devono lanciare un messaggio, mi piacciono i mostri”. Un’affermazione puntuta e compiaciuta che delinea il carattere obliquo e spigoloso di un’opera coraggiosa e per nulla rassicurante. Confidenza è un film di maschere e travestimenti, di castrazioni e spostamenti progressivi del desiderio che annullano l’eros e preconizzano la morte. Può, un segreto inconfessabile, sussurrato all’orecchio dell'amata, condurre al tracollo emotivo? Quali sono i confini che regolano il perimetro della liceità e dell’onorabilità del desiderio? Qual è lo scarto tra immagine pubblica e privata e quale intermezzo lega i due estremi? Daniele Luchetti costruisce un dramma borghese trattandolo come un thriller, esacerbato dal tappetto sonoro di Tom Yorke che, con il suo score elettronico, accentua il suono metallico e nevrastenico di una mente destabilizzata. Una tela intricata, una trappola dell’io che scatena reazioni psicotiche e paranoidi. La macchina da presa - come un occhio esterno, sorvegliante e implacabile - sembra spiare, osservare i protagonisti inermi e ignari. Posta dietro il fogliame degli alberi, o da qualche parte nel bosco, pronta a registrare la vulnerabilità e il senso incombente della minaccia.

Pietro incontra Teresa (Federica Rossellini, sua ex studentessa), si innamorano, poi fanno un gioco, per legarsi tutta la vita, dice lei, e si confidano un segreto che non hanno mai rivelato a nessuno. La loro storia finirà, travolta dall’impeto sfuggito di mano. Pietro si sposa con Nadia (Vittoria Puccini, sua collega, insegnante di matematica). Lo spettro del segreto rivelato e rivelatore, potenzialmente letale, lo ossessionerà tutta la vita. Il rapporto tra repulsione ed attrazione, eros e thanatos sta al centro di questo film che Luchetti, dopo Lacci, trae ancora una volta da un libro di Domenico Starnone. Il precipizio, come un altrove sospeso tra l’al di qua e l’aldilà, ritorna come funzione catartica, passaggio che separa un prima e un dopo. In Lacci, la moglie tradita (Alba Rohrwacher) si lancia, privata dell’esclusività sentimentale, nel vuoto. In Confidenza, Pietro tenta più volte, senza la vitalità disperata necessaria, di saltare giù dalla finestra. È un uomo piccolo e narcisista che pure quando urla trattiene la rabbia, confinata dentro una smorfia muta di angosciosa agonia. È un uomo spezzato, disossato, mediocre. Incapace di manlevarsi dal peso della colpa. Ha costruito la sua vita su una menzogna, su un’immagine fasulla e perbenista, cui tutti hanno creduto (gli studenti che lo venerano, le istituzioni che lo premiamo per i suoi saggi sulla pedagogia empatica). Tutti i personaggi sono a tratti meschini, sgradevoli, irrisolti. La moglie Nadia, subalterna e incapace di dare corpo e volume ai suoi desideri, Teresa con i suoi giochini perversi e la sua irrequieta (e spinosa) lucidità. La famiglia, il rapporto di coppia, la fedeltà coniugale sono corpi estranei che Luchetti guarda - polanskianamente - con abiezione e ripugnanza. Labirinti della mente che producono vuoti, buchi neri, pozzi profondi da cui è impossibile risorgere. L’epilogo, straniante, quasi horror, getta un’ombra sinistra e surreale sulla fustigazione della coscienza, sull’impossibilità della fuga (da sé stessi).