
Lo dicevamo per i video: quella di Gondry è un’opera che denota un’identità precisa fin dagli inizi. Se guardiamo i primissimi lavori – filmini familiari e piccole sperimentazioni domestiche – ci rendiamo conto di avere a che fare con una poetica, visiva e concettuale, già chiaramente definita. In
My brothers’s 24th birthday gli auguri al fratello Olivier sono fatti sotto forma di film surrealista in cui i personaggi (i familiari del regista) si muovono (il film è girato in stop motion) in un mondo infantile e fatato dominato da una soave ironia, tipica delle opere successive;
Tiny è già il
dark side gondryano che, pur senza abbandonare l’andante assurdo, mostra comunque note inquietanti (oltre al dato fecale che ritroveremo in
One day… e nell’irresistibile – fin dal titolo –
Wild at fart); nelle immagini viaggianti di
Three dead persons c’è già
Star guitar;
Drumb and drumber in cui Gondry suona la batteria nei contesti più svariati, usa già brevi sequenze in loop e quadri plurimi che coniugano musica e immagine in maniera indissolubile (la ripetizione e la sovrapposizione delle immagini è funzionale all’effetto sonoro che ne deriva e viceversa) ed è lo spudorato prodromo di
Let forever be e
The hardest button to button.
Di seguito brevi cenni su tre corti del francese e sul documentario a lui dedicato.
One day… (2001)

Un corto demenziale e molto divertente in cui il protagonista (Gondry stesso) dopo aver usato una toilette pubblica, si trova a dover fare i conti con… le sue feci; un fecaloma enorme dalle fattezze umane esce dal bagno e gli dichiara il suo affetto, gli chiede per quale motivo sia stato abbandonato nel cesso pubblico, lo chiama papà, lo segue dappertutto: per strada, al ristorante, in casa (l’uomo-cacca fa la cacca…) e infine a letto. La mattina dopo la creatura, uscita dal suo bozzolo di escrementi (di cui ha ricoperto le lenzuola) si è trasformata in ufficiale nazista che comanda il protagonista a bacchetta e canta la Marsigliese.
Sinceramente: non ho parole.
Pecan Pie (2003)
Brevissimo, esilarante divertissment con Jim Carrey in pigiama che guida una spider\letto mentre canta la canzone Pecan pie. Giunto a una stazione di servizio gli inservienti, con assoluta noncuranza, fanno il pieno alla macchina e rimboccano le coperte al protagonista.
I’ve been twelve forever (2003)Diretto da Michel Gondry, Lance Bangs, Jeff Buchanan, Cyril Merl, Adrian Scartacini.
Documentario dedicato all’opera video di Gondry in cui il regista racconta di sé (alcuni aneddoti dell’infanzia vengono ricostruiti in forma di minifilm), intervista suoi familiari e mostra i procedimenti utilizzati per i suoi lavori (i dietro le quinte dei video di Lucas with the lid off, Like a rolling stones, Deadweight, Let forever be etc) Contiene interviste a Bjork, Cibo Matto, Spike Jonze, Chemical Brothers, Beck, White Stripes, Foo Fighters, Daft Punk.
Col senno di poi: un prodromo de L’epine dans le coeur.
How to Blow Up a Helicopter (Ayako’s Story) (2009)

Gondry intervista, per le strade di New York, Ayako Fujitani, la protagonista di
Interior design, episodio del trittico
Tokyo! diretto dal francese.
Mentre parla della sua infanzia, divisa tra un padre americano e una madre giapponese, del suo essersi sempre sentita differente, delle sue peculiari esperienze di vita, Ayako chiama suo padre per proporgli, su suggerimento del francese, di allargare a lui l’incontro-intervista. La scena si sposta nell’albergo canadese dove si trova il genitore e scopriamo in quell’occasione che il padre di Ayako è l’attore Steven Seagal: il film diventa una quieta conversazione tra padre e figlia, solo a tratti interrotta da qualche richiesta di chiarimento da parte del regista. Il registro è dunque quello intimo e familiare che Gondry cerca e ottiene puntualmente nelle sue scorribande documentaristiche.
COMMERCIAL
Do you feel like a sell-out when you do commercial work?
MG – It’s difficult. Levi’s make really great things with an edge, but sometimes I feel like a sell-out. But at least I sell out for a good price.
Levi’s (1994 – 2002)

Diretto per la Levi’s,
Drugstore (1994) è entrato nel Guinness dei primati come il
commercial più premiato di tutti i tempi. Su una base techno – il film è muto – le immagini deteriorate, in bianco e nero, dell’America della Grande Depressione seguono, inizialmente in soggettiva, un ragazzo che entra in un drugstore per comprare una scatola di preservativi, con disappunto e scandalo delle signore presenti e un compiaciuto sorrisetto del titolare del negozio. Salto temporale: è sera, il protagonista arriva di fronte a una casa, una ragazza lo aspetta e lo saluta dal balcone; il ragazzo bussa alla porta: gli apre il padre della fanciulla che scopriamo essere il gestore del drugstore. I due si riconoscono – è solo adesso che vediamo in faccia il giovane -. L’uomo tenta di dissuadere la figlia dall’uscire ma non c’è nulla da fare, la ragazza lo saluta e segue il giovane. Primo piano sul volto perplesso del padre a chiusura.
Sono di Gondry, inoltre, gli spot Levi’s
Mermaids (1996) – quello in cui il protagonista, caduto in acqua, viene raggiunto da un gruppo di sirene che, dopo averlo soccorso, cercano di sfilargli il jeans – ,
Bellybuttom (2001) in cui gli ombelichi di alcune passanti cantano la canzone
I’m coming out, vecchio hit di Diana Ross, nella versione di Jamie-Lynn Sigler e il capolavoro
Swap (2002), campagna Levi’s europea, in cui alcuni roditori col corpo umano, in ambiente urbano, trattano con una ricca signora la liberazione del loro ostaggio (nel finale scopriamo trattarsi di un gatto). Anche questi tre lavori hanno ottenuto un successo a dir poco clamoroso e rimangono tra i più famosi diretti dal francese.
RESIGNATION/ LIVING MOMENTS (1995)

Diretto per la Polaroid, alterna soluzioni visive e registri diversi (il
time lapse sugli esterni della megalopoli – siamo ad Hong Kong -, l’effetto tridimensionale, i consueti
zoom morph): il protagonista, redarguito violentemente dalla principale, lascia la stanza e si apparta con la sua Polaroid. In una busta infila la lettera di dimissioni assieme all’istantanea appena scattata: imbuca il tutto e lascia l’edificio. Il percorso della busta fino alla scrivania della capufficio è in montaggio alternato con le immagini del ritorno a casa del giovane. In chiusura lo sguardo sbigottito della donna di fronte alla foto e il sorriso del giovane che sa che, a quell’ora, la lettera e il suo “misterioso” allegato sono stati recapitati. Il mondo grigio dell’ufficio è lontano, quello che lo circonda ora è tutto colorato (sulla visione “depressa” della routine lavorativa cfr.
Deadweight\
A l’envers et à l’endroit\
Snowbound).
SMARIENBERG/ ADVENTURE (1996)

Diretto per la Smirnoff, è un
commercialpluripremiato, ad altissimo budget, molto vicino, per situazioni e rovesciamenti visivi, ad alcuni videoclip del Nostro. Attraverso la bottiglia di vodka il mondo si distorce e una frazione di secondo dura un minuto incalzante in cui i protagonisti passano di avventura in avventura (costante è l’inseguimento) in evidente omaggio a vari generi cinematografici (poliziesco, fantascientifico, western etc).
Citato graziosamente da Spike Jonze nel film
Essere John Malkovich.
BASKETBALL COMPAIGN (1998)

Serie di cinque spot commissionati dalla Nike e realizzati con la collaborazione di Jean-Louis Bompoint. In bianco e nero, con taglio semidocumentaristico, attraverso le parole del grande giocatore del passato James Allen, i lavori vanno alla scoperta delle origini del gioco agonistico in America, alternando filmati di repertorio a immagini di palestre, cortili, campi da gioco cittadini in cui si pratica lo sport.
FLATZONE (1998)

Realizzato per la AMD. In un mondo bidimensionale (con ogni probabilità ispirato a
Flatlandia, il romanzo culto di Abbott) una donna tridimensionale viene inseguita per essere sottoposta al trattamento che la uniformerà all’ambiente circostante. Riesce ad arrivare nella sua casa e ad avviare il computer che, grazie al processore pubblicizzato, ricondurrà la realtà alla sua naturale tridimensionalità. Grande lavoro di elaborazione digitale, uno spot al solito molto inventivo anche nel singolo dettaglio (la vita nella metropoli appiattita), tra i più elaborati realizzati dal regista.
THE LONG, LONG RUN (1998)

Commissionato dalla Nike, frammento di una campagna seriale affidata a più registi. Il corridore protagonista rientra a casa dopo una corsa evidentemente lunga (il suo stato malmesso, il vestiario, la lunga barba lo dicono): il cane gli fa le feste ma la moglie è ormai sposata con un altro e il figlio a stento lo riconosce.
Le informazioni sui credits degli spot in questione sono scarse, non tutti sono concordi nell’attribuire questo frammento al regista.
SNOWBOARDER (1998)

Commissionato dalla Coca Cola, in occasione delle Olimpiadi invernali di Nagamo. Il momento del salto dell’atleta di snowboard è dilatato nel tempo a dismisura ed esaminato da vari punti di vista. Apoteosi dello
zoom-morph (cinque sono le macchine da presa utilizzate): una sorta di rivendicazione preventiva da parte del suo inventore, di quella che sarebbe diventata una delle soluzioni più sfruttate dal cinema “di effetti” in questi anni.
FIAT – LANCIA Y10 (1999)

Commissionato dalla Fiat. Magnifico video matrioska in cui, grazie allo zoom morph, ciascuna scena si rivela essere un dettaglio di una scena più ampia: la situazione balneare (scenario A) è il quadro in movimento di un grande manifesto che campeggia su una pista da sci (B) che è cartellone pubblicitario del retro di un pullman londinese (C) che è riflesso sul vetro di una cartolina appoggiata su un cruscotto (D) che è un’immagine di una pagina di giornale letta da un signore milanese (il duomo sullo sfondo, E) che è una cartolina che viene acquistata (F) – cfr.
She kissed me -. In ciascuno scenario si vede passare l’auto pubblicizzata, la Lancia Y10, sulle note di
Dream a little dream of me nella versione dei The Mamas & Papas. Campagna italiana: molto coraggiosa visti i noti, deprimenti standard applicati ai brand nostrani.
HOLIDAY 1/2/3 (2000)

Commissionati dalla Gap. Giovani e bambini (nella versione 3), nell’ambito di un fintissimo scenario polare, ballano ricomponendosi, a tratti, in un’unica persona (cfr.
Let forever be). Applicazione giocosa/gioiosa di uno standard gondryano replicata, con ben altra efficacia, nella campagna della Earthlink e, meno vistosamente, in quella della BMW.
PRIVACY (2001)

Diretto per la Earthlink, reca nella scelta “a puzzle” l’inconfondibile marchio del francese che, per sottolineare il carattere anonimo e la privacy garantita dalla marca committente, gira una trentina di video uguali, con protagonisti diversi che compiono in sincrono gli stessi gesti quotidiani; un montaggio frenetico, che alterna i vari protagonisti per singole frazioni di secondo, fa il resto: di fatto vediamo agire un unico personaggio con identità multipla (rectius: con nessuna identità particolare), su nessuna di esse potendosi soffermare l’attenzione. Si tratta della rielaborazione di uno dei primi esperimenti video del giovanissimo Gondry.
PURE DRIVE (2001)

Spot di 45 secondi diretto per la BMW, traduce visivamente lo slogan “ogni auto ha il suo momento, questa ne ha mille al secondo”: grazie a una camera Timetrack (che permette una lunghissima esposizione) la vettura che sfreccia nella notte appare moltiplicata in immagini sfalsate e concatenate le une alle altre. Seppure con meno evidenza del solito, il consueto tema gondryano della riproduzione e della serialità è ancora una volta splendidamente applicato al rigoroso parametro imposto dalla strategia commerciale.
FOX SPORTS NETWORK CAMPAIGN (2002)

Quattro spot, per reclamizzare il network sportivo della Fox, variano sulla medesima trovata: in situazioni quotidiane, mentre la radio rimanda le cronaca di una partita, brevi allucinazioni trasformano ciò che il protagonista vede in plausibili situazioni sportive (ad esempio: i pescatori che scaricano il contenuto della barca si trasformano in giocatori di football americano che si passano l’ovale anziché le cassette del pesce etc)
Realizzati con Jean-Luis Bompoint.
LE PASSAGE – LE NUAGE (2002)

Commissionati dalla Air France (lo slogan: “fare del cielo il più bel luogo della terra”). Operando su un gioco di prospettive, il passaggio di un aereo sembra seguire volutamente traiettorie
segnate da situazioni minime (l’apertura di una tenda, la pulizia di un vetro, la scritta su un computer) come fosse un cursore che le sottolineasse. Il secondo spot varia sul medesimo principio: la protagonista interagisce con le nuvole come se fossero oggetti quotidiani. Ancora una volta Gondry scova nella vita di tutti i giorni il brivido di una piccola magia possibile.
Il brano musicale di sottofondo , per entrambi gli spot, è la sognante
Asleep from day dei Chemical Brothers.
Capolavori.
DRIP 1/2 (2003)

Commissionati dalla Gatorade. Gondry sembra riservare solo agli spot l’uso sperticato degli effetti speciali e delle elaborazioni elettroniche: le gocce del prodotto cadono in altrettanti campi sportivi (atletica leggera, pallavolo, basket etc) trasformandosi in atleti in competizione. L’ultima goccia scivola dal beccuccio lungo la bottiglia e si trasforma in una scalatrice nella prima versione, nella seconda è una nuotatrice che circumnaviga il contenitore. Perfettamente in linea con le esigenze della casa committente: Gondry è molto richiesto perché riesce a coniugare come nessuno le esigenze estetiche e creative a quelle commerciali.
TINGLE – BOUNCE (2004)

Nei due spot per la Diet Coke (ne sono interpreti rispettivamente Kate Beckinsale e Adrien Brody), le bollicine della bevanda pubblicizzata saltano fuori dalla lattina e accompagnano i protagonisti rimbalzandogli attorno e contagiando di entusiasmo le persone circostanti. La scialbezza dell’assunto e della resa non va attribuita al regista che non ha potuto realizzare gli spot secondo le sue idee (le bollicine avrebbero dovuto essere realizzate in plastica e non elaborate in digitale): la polemica tra Gondry e l’agenzia che ha curato la campagna ha decretato la veloce sparizione dei due brevi lavori (30 secondi ciascuno). Non c’è da disperarsene.
BOUTIQUE (2007)

Spot commissionato dalla Nespresso. George Clooney entra in un locale e carpisce commenti entusiastici da due donne sedute a un tavolino. Ritenendosi oggetto del discorso ma volendone essere sicuro chiede alle ragazze se parlassero del Nespresso di cui si apprestano a bere una tazzina, loro glielo confermano come se non ci potesse essere alcun dubbio. “Certo. Cos’altro?” mormora l’attore. “What else?” è appunto lo slogan che sigla uno spot che di Gondry carpisce il registro più ironico e situazionale, privilegiando la scrittura rispetto al dato visivo.
MICHEL GONDRY, ETERNAL DREAMER (2007)

Diretto dal fratello Olivier, responsabile di molti dei trucchi visivi delle produzioni di Michel, questo spot della HP che vede MG protagonista, ripropone, in maniera smagliante, alcuni elementi caratteristici del mondo dell’autore. Gondry si triplica (la sua immagine filmata, quella animata e quella digitale) e in una manciata di secondi la stanza (che non è altro se non una rappresentazione traslata dell’hard disc del suo computer) diventa il teatrino nel quale si svolgono le azioni delle tre diverse emanazioni del regista. Tra fotogrammi che si ritagliano con le forbici e foto del francese incatenate nel noto sistema a scatole cinesi, MG pone al centro del discorso per la prima volta in maniera esplicita, anche nella pubblicità, il suo mondo personale (suona l’amata batteria, mostra persino i disegni del figlio Paul; lo slogan, del resto, suona
The computer is personal again). Doppio salto mortale: tutto si rivela un sogno, salvo allargare sul letto che ripropone anche i due cloni (animato e digitale) dormienti, salvo allargare ancora e rivelare il tutto come immagine rimandata dallo schermo di un computer.
Michel Gondry, da addetto ai lavori (regista di commercial acclamati) diventa testimonial in uno spot che lo rappresenta e dunque mette in scena anche il lavoro per il quale è conosciuto: c’è di che meditare.
EXPERIENCE (2008)

Girato per Motorola, come per lo spot della HP, anche in questo caso troviamo una rappresentazione visionaria delle possibilità offerte dal telefonino pubblicizzato, con derive fabiesche e metatestuali (gli adorati miniset con back-projection): tutto viene reinterpretato in modo idilliaco, dalla messaggeria alla fotocamera, fino alla possibilità di ascoltare musica puntando, gondryanamente, sull’effetto meccanico piuttosto che su quello digitale. Come sempre, insomma la modernità e la tecnologia del brand pubblicizzato vengono filtrate dalla visione nostalgica e poetica del regista, per il quale (è il caso di sottolinearlo?) la creatività non ha mai campi privilegiati (i video, gli spot, i film hanno tutti pari dignità).