Commedia, Drammatico, Recensione

COME L’ACQUA PER IL CIOCCOLATO

Titolo OriginaleComo agua para chocolate
NazioneMessico
Anno Produzione1991
Durata115'

TRAMA

Nel Messico d’inizio novecento, Pedro e Tita si amano ma non possono sposarsi per il parere contrario della madre di lei. Per stare uno vicino all’altra, Pedro sposerà la sorella di Tita (Rosaura) e Tita trasferirà la sua passione nell’abilità culinaria.

RECENSIONI

Grande successo internazionale, a sorpresa, per il regista messicano Alfonso Arau, che mette in immagini il curioso romanzo a puntate (12) della moglie Laura Esquivel: un prodotto (con)vincente più per le idee che per la forma troppo indecisa fra il romanticismo, il grottesco surreale, il fiabesco irriverente (la scappatella del prete), la confezione patinata e il gotico/tragico. Un'opera che non dichiara i propri gusti e assaggia un po' di tutto fra pietanze saporite e piccanti, dopo averle cucinate in modo disordinato, scaltro e appariscente, più che sofisticato. A osservare il cuoco non viene l'acquolina ma le pietanze, infine, hanno un buon gusto, con guizzi anche sorprendenti (vedi il pirotecnico finale) e ingredienti invitanti (curiose certe rievocazioni storiche eccentriche, come il buco per la copulazione nel lenzuolo, il lungo drappo che scende dal carro). È d'obbligo il codice culinario perché tutta questa saga storica e familiare (parte dal 1895 e arriva agli anni trenta) è all'insegna della gastronomia: le succulente e raffinate ricette della protagonista, non solo giocano all'amore ma comunicano, odiano, guariscono, feriscono, uccidono. L'erotismo, il desiderio, la passione e la sensualità passano per il palato e la fotografia ricopre di cioccolato tutto lo schermo. Ci sono odori di occultismo, magia e sortilegio (le lacrime miracolose). Se l'alchimia non si compie del tutto è a causa di personaggi poco approfonditi psicologicamente, lasciati alla mercé della caricatura grossolana (la madre arcigna da Cenerentola, il santo dottore inglese...) o della carineria più furba. Laura Esquivel (anche sceneggiatrice e fautrice del comodo espediente dell'Io narrante), sotto sotto, parla di tradizioni disumane e cicliche da rompere.