TRAMA
Un bambino autistico decifra un codice segreto governativo. Il capo della Sicurezza Nazionale lo vuole morto, un agente Fbi lo protegge.
RECENSIONI
Hollywood codifica anche le carriere artistiche e al buon Harold Becker, da quando ha dimostrato di sapersela cavare con la "suspense", lo sguardo intimo sui personaggi e il perfezionamento delle formule più schematiche, rifila soggetti convenzionali: lo script dei mediocri Mark Rosenthal e Lawrence Konner (autori, fra le cose peggiori, di Superman IV e le Ore Disperate di Michael Cimino) dichiara di trascrivere il romanzo "Simple Simon" di Ryne Douglas Pearson, ma finisce per solleticare il déjà-vu di pellicole come Occhi Innocenti (1994, girato per il piccolo schermo da Mimi Leder) e quant'altre "al mercurio" decifrabili anche da un bambino non autistico. È già successo che Becker finisse sommerso dai cliché (Malice), ma ancor più spesso, come in questo caso, li ha cavalcati per offrire uno spettacolo avvincente e non di plastica, con canti d'impegno civile (qui se la prende con il patriottismo del "Fine che giustifica i mezzi") che ha riscoperto da City Hall in poi. Fra Wargames e Rain Man, sale il mercurio di un teso thriller politico e d'inseguimento, dove anche Bruce Willis combatte e sconfigge lo stereotipo del poliziotto scorbutico che gli hanno cucito addosso. L'attore, alla pari del regista, è talmente bravo da trasformare la (sua) prassi in una piacevole (ri)scoperta. È sorprendente, oltretutto, la misura con cui, nonostante la presenza di un bambino autistico nella trama, si evitano le corde del patetismo senza rinunciare al sentimento (l'istinto protettivo/paterno dell'agente Fbi). Notevole il parallelo fra i due "outsiders", quando Willis immagina una vita "normale" per il bambino e riflette su se stesso, dipingendosi come un single paranoico.
