TRAMA
Chad, il padre Colby e alcuni amici conducono da anni un’esistenza ai margini della società, sopravvivendo grazie a furti occasionali e alla destrezza di Chad, eccellente pilota. Chad, stanco di questa vita, vorrebbe trasferirsi altrove con moglie e figli, ma Colby è contrario e Chad non riesce ad affrontarlo e a dirgli di no.
RECENSIONI
Come tante famiglie criminali prima di loro, i Cutler sono un clan che vive isolato, ai margini della società. Di origini miste, tra Inghilterra e Irlanda, si oppongono alle forze di polizia e campano rubando qua e là, tra corse in auto, furti e scommesse illegali. La loro filosofia di vita si basa sulla più classica delle dicotomie del mondo crime: “noi” e “loro”, una linea precisa che separa la famiglia e il suo rifiuto della legge e dell’ordine da chi invece incarna quei sistemi ed è chiamato a proteggerli. Ma come sempre accade in questi film di criminalità familiare la coesione del clan si rovescia in un tentativo di fuga, prima o poi emerge quella tensione escapista per la quale il crimine (e l’ignoranza, la povertà, l’emarginazione che qui ne conseguono) non è più un carattere elitario da preservare con l’isolamento ma si svela una degenerazione genetica che rischia di trasmettersi ininterrotta generazione dopo generazione. Codice criminale è quindi il più classico dei film di padri e figli, figure a confronto in cui da una parte c’è chi cerca di mantenere la famiglia unita a qualunque costo, e dall’altra chi ha compreso come l’unica speranza per il futuro sia staccarsi e reinserirsi nella società civile.
A partire da questo conflitto il film diretto da Adam Smith mette in campo due personaggi in rotta di collisione, il padre Colby (Brendan Gleeson) e il figlio Chad (Michael Fassbender), padre a sua volta di due bambini a cui vuole risparmiare la vita cui lui è stato costretto. Partendo dal tentativo di Chad di “uscire dal giro”, forse il più classico tema di tanto cinema e letteratura crime, Codice criminale è un esordio che si muove a metà strada tra il genere più muscolare e l’approfondimento psicologico, tra una regia già robusta e capace di gestire i (pochi) picchi di adrenalina e una scrittura che punta invece al vuoto dell’azione mancata come via d’accesso per scavare nei rapporti tra i personaggi. Un doppio passo che di fatto riflette le due strade poste di fronte il personaggio di Chad: cosa fare, aderire fino in fondo al codice del genitore Colby o cercare al contrario una strada diversa, lontana dalla violenza della strada? Ma se la dicotomia promette sulla carta un approccio non convenzionale e fresco al genere, sul piano concreto tanto Chad quanto il film stesso non sembrano trovare una risposta esauriente a questo quesito. Il risultato è un prodotto irrisolto e incerto, in cui le parti non dialogano tra loro e sembrano piuttosto frenarsi reciprocamente; né genere né dramma sociale, Trespass Against Us (come recita l’evocativo titolo originale) è sorretto dalle robuste interpretazioni dei suoi due protagonisti, che avrebbero meritato un maggior approfondimento psicologico o almeno una stilizzazione funzionale alla resa adrenalinica della vicenda. Il climax mancato del finale è il colpo di grazia più evidente di quest’incertezza di fondo, una risoluzione totalmente sotto le righe che rinuncia ad accrescere le suggestioni sin lì accumulate. Peccato.