TRAMA
Stavros Tornes e compagna lungo le strade di Roma. Intraprenderanno un viaggio che li porterà in Calabria.
RECENSIONI
L’impressione avuta da Koatti è immediatamente quella della grande libertà che anima questo cinema senza meta, slegato da tutto, che sembra quasi essere finito per caso sulla pellicola. Un “Viaggio in Italia” picaresco e sgangherato che affonda le sue radici nella terra, per le vie di Roma e sulla strada che porta altrove. Lo spirito con cui Tornes affronta il cinema è riassunto nei titoli di testa, scarabocchiati su un foglio bianco e filmati. “Koatti”, in un’accezione assolutamente libera, è un film di generi, perchè scavalca e viaggia attraverso in generi ad ogni cambio di inquadratura, senza preoccuparsi di distinguere il documentarismo dalla finzione, la commedia dal film a tesi di soggetto politico.
Un film anti-dicotomico che supera i confini labili tra i generi (documentario e fiction), compensa la distanza tra forma e contenuto e mescola l’alto e il basso. Rispecchiando così il lato più bello della rassegna torinese: un festival che in un certo senso è di confine, ma solo per scavalcarlo a sua volta.
L’autore greco in questo viaggio “senza regole”, che è la struttura primaria di Koatti, crea una sintesi di idee e rumori, immagini, voci e passioni.
Sono viaggi, usando un termine letterario potremmo definirli “vagabondaggi”, senza mete precise, che si mescolano al quotidiano e registrano, vivendolo, il presente. Stavros Tornes, che è il protagonista del film, vive a Roma dopo il colpo di stato in Grecia; in Koatti ci conduce e si sposta tra strade assolate, amici e chiacchiere politiche. Passando nel suo peregrinare attraverso quartieri operai, incontrando personaggi bizzarri.
L’unico lungometraggio italiano di Tornes è una testimonianza sincera e popolare, anche estetico-politica, ovviamente autobiografica, ma non autoreferenziale, dell’Italia degli anni ‘70. Un’opera sperimentale, non priva di ironia, che si riallaccia al “Viaggio in Italia” di Rossellini, ma da un’ottica assolutamente underground.
Mauro Ravarino