TRAMA
Dopo un incontro con i bambini di Roma, ventuno clown dottori provenienti da tutto il mondo partono alla volta di Kabul. Sono allegri, rumorosi, colorati e cercano di portare una speranza ed un sorriso nei paesi martoriati dalla guerra. Il primo impatto con la realtà degli ospedali pediatrici afgani, pero’, si rivela più duro del previsto.
RECENSIONI
Un documento necessario
Patch Adams, divenuto una star dopo il successo dell'omonimo film con un insopportabile Robin Williams, è portatore della terapia del "sorriso": "la medicina deve avere cura della persona e non solo della malattia". Un aiuto che si concretizza cercando di stimolare la risata e facendo il possibile per allietare la degenza dei malati in ospedale. La figura del clown, ma è un parere strettamente personale, è sempre stata carica di inquietudine: una smorfia che può passare, di colpo, dal sorriso tirato al ghigno malefico. È quindi con una certa diffidenza che mi avvicino al famoso medico americano, ma devo ricredermi perché il documentario, di cui è attivo sostenitore, lascia davvero impressionati e anche la figura dell'esuberante Patch Adams trova modo di mettersi da parte per lasciare parlare le immagini. Il video comincia con l'incontro a Roma tra Patch Admas e il sindaco Veltroni, a cui segue la partenza di ventuno persone, provenienti da ogni parte del mondo, per Kabul. Il documentario mostra il lavoro dei volontari, le visite negli ospedali, gli spettacoli improvvisati nelle strade di Kabul e dei villaggi nelle valli del Panshir. Gli stessi ragazzi che partecipano con entusiasmo al progetto umanitario non sono preparati a tanta sofferenza e, nelle pause tra una visita e l'altra, hanno i visi segnati dal dolore e dalle lacrime. "Clown in Kabul", girato da Enzo Balestrieri e Stefano Moser, ha lo scopo di sensibilizzare e sceglie la strada più facile, quella dello shock. In realtà nulla di ciò che viene mostrato (le disastrose condizioni in cui versano gli ospedali afghani, i bambini ustionati o storpiati dalle mine, la tristezza sui volti degli abitanti dei villaggi) risulta gratuito, ma diventa una significativa e necessaria testimonianza che raggiunge immediatamente il suo scopo: suscitare rabbia per l'indifferenza e il senso di giustizia suprema attraverso cui queste stragi sono giustificate.
