Recensione, Storico

CLEOPATRA (1963)

Titolo OriginaleCleopatra
NazioneU.S.A.
Anno Produzione1963
Genere
Durata243'

TRAMA

Inseguendo Pompeo, Cesare raggiunge l’Egitto e s’innamora di Cleopatra, aiutandola a ottenere il trono. Dopo la morte di Cesare, Antonio diviene l’amante della regina…

RECENSIONI

Un sogno più grande della vita non può che risolversi nella morte. Cleopatra è il canto del cigno (perfetto, irriproducibile, straziante) dello studio system: racchiude in sé lo specchio di una lavorazione catastrofica, il presagio di un disastro commerciale, il senso di un'era cinematografica irrimediabilmente sepolta sotto la sabbia dell'oblio. Il gigantismo esasperato di scene e coreografie incontra le zoppicanti psicologie della soap, il faraonico tenta invano di unirsi all'umano (troppo umano), la fine è obbligata e mai così fiammeggiante: si possono deridere le toilette improbabili, gli arredamenti pacchiani, la noia a fiumi (le scene di battaglia), la recitazione spesso sopra le righe, e al tempo stesso si rimane fatalmente avvinti da un progetto che non teme nulla e si arrende alla propria disperata audacia, da una macchina (im)perfetta e angelicamente infernale che usa la Storia (le fonti elencate nei credits) come un canovaccio sensuale e vagamente edipico (le speculari seduzioni) su cui edificare uno show 'totale' in cui l'orpello è sostanza (e viceversa). Mankiewicz, lontano dall'austero e vagamente arcigno Giulio Cesare, recita con sufficiente abilità la parte (non fondamentale) che gli è stata affidata nel complesso gioco produttivo: lo sguardo è a volte sfocato, ma sempre sufficientemente regale da evitare la routine e regalare preziosi bagliori ironici (il banchetto nella baia). Fra un taglio e l'altro [la versione integrale supera le quattro ore, ma ci sono copie sforbiciate di (almeno) un'ora] si possono ammirare la Cleopatra deliziosa e leziosa di Taylor e il Cesare di Harrison, perfettamente barocco nelle sue (non) rasserenate nevrosi.