TRAMA
Il rapporto tra il nuovo professore di tedesco e i suoi studenti si fa sempre più teso a causa di un’incolmabile differenza fra i loro modi di intendere la vita. Quando una studentessa si suicida, i compagni accusano l’insegnante di essere responsabile della sua morte. La grave accusa genera dinamiche contraddittorie ove non tutto appare così definito.
RECENSIONI
Ritratto di un ambiente (che muove da un fatto realmente accaduto) che si traduce in sfumato confronto tra metodi educativi, Class Enemy parla da un lato della permissività che sottrae agli studenti i temuti/dovuti limiti, che non li educa, ma fa sì che qualsiasi direttiva venga da loro vissuta come un'imposizione autoritaria, e dall'altro del conseguente, facile e automatico ribellismo, attraverso cui la classe si dimostra intollerante verso ogni regola. Lasciare completamente liberi gli alunni, annullare - attraverso un'ipocrita dimensione paritaria - la barriera dellautorevolezza dell'insegnante, si traduce, nella pratica, in una mancata cura dell'alunno, perché non investendolo di una responsabilità, se ne indebolisce la personalità, lo si rende fragile, lo si istiga all'aggressività (Prima loro avevano paura di noi, ora noi abbiamo paura di loro, dice un insegnante).
Il complesso di temi si sviluppa su una trama fondata su due eventi fondamentali: l'arrivo di un nuovo professore di tedesco, ligio e un po' rigido, integerrimo e coerente a una visione dell'insegnamento che vuole essere anche viatico alla vita reale, che entra in una classe abituata a muoversi senza limitazioni, e il suicidio di una ragazza, redarguita paternamente dallo stesso professore, visto subito come un aguzzino.Il film non imbocca strade risapute, non batte il sentiero della semplice lotta (psicologica e non) tra professore e alunni, non fa dell’insegnante un perseguitato con l’etichetta del mostro, ma oscilla da un piano all’altro, giocando persino con il registro dell’horror, e coinvolgendo le responsabilità di ogni personaggio, ognuno mettendo in luce i propri punti di forza e i propri difetti: la psicoterapeuta con la sua filosofia comportamentale spicciola; il corpo insegnante con le sue variegate soluzioni; i ragazzi divisi sulle posizioni da assumere; i genitori, veri campioni di inadeguatezza e fonte primaria di ogni problema. Il marcio si annida ovunque: la scuola, universo chiuso ed esclusivo che esaurisce il film (l’unica scena al di fuori dell’edificio scolastico - il finale, con gli studenti in mare verso la Grecia - è una specie di sogno), come la Slovenia, è un intrico di situazioni in cui l’insofferenza alla disciplina domina la scena e si manifesta come fonte primaria di ogni problematica sociale.
Class Enemy ha il merito indiscutibile di mantenersi ambiguo, di non imporre una lettura, di lasciare sempre aperto il campo delle interpretazioni e delle valutazioni di quanto rappresentato, vantando anche una sua raffinatezza di scrittura (non senza inciampare in qualche eccesso - le maschere -), ma sempre tenendo la barra dritta, anche quando tende a semplificare.
Premio Fedeora (la federazione nata a Cannes nel 2010, composta da critici europei) per la sezione Settimana Internazionale della critica.
