CLAIRE DOLAN

Anno Produzione1998

TRAMA

Claire Dolan è un’immigrata inglese che lavora a New York come prostituta e fa di tutto per rifarsi una vita a cominciare dall’estinguere il debito contratto con il suo protettore.

RECENSIONI

L’opera seconda dell’americano Kerrigan è un algido, geometrico psicodramma sul male di vivere, sull’ineffabilità dei sentimenti e l’inesplicabilità di molti gesti, sull’impossibilità di svelare la genesi psichica o sociale di un’azione, di un modus operandi. Così come nel successivo e più maturo Keane, l’autore non tratta la sua protagonista come “caso clinico”, risolvendo il “mistero” della sua anima lacerata mediante il ricorso a schemi e modelli mutuati dalla psicoanalisi (limite dell’opera letteraria del sopravvalutato MacGrath e di un film come Spider di Cronenberg). Al contrario, lavora per sottrazione, valorizza il non detto, sussurra più che asserire proditoriamente, raggela la materia incandescente non concedendo nulla allo spettatore e non compiacendosi dell’eccentricità e dell’autolesionismo della protagonista. Nella freddezza della rappresentazione e nell’asettico mondo del sesso a pagamento, può tuttavia aprirsi un varco, uno spiraglio di speranza, affermarsi repentinamente l’umanità: la visione del feto tramite l’ecografia, frammento di struggente dolcezza scevro da ogni fine moraleggiante, ma intriso di pietas.
Memorabili le prove della compianta Katrin Cartlidge, che rende finemente in pochi tratti essenziali (sguardi nel vuoto, addirittura attraverso il modo di indossare i cappotti, segno di uno specifico modo di porsi in relazione all’altro) il carattere complesso del personaggio eponimo e di Colm Meany, che riesce a conferire al losco ed abietto “lenone” una certa, quasi dostoevskiana, ambiguità.