TRAMA
La povera Duyen deve fare i conti con un marito asessuato e con l’affiorare di piu’ desideri inappagabili.
RECENSIONI
Choi Voi è un melodramma pudico che gioca di allusioni, rimandi e piccoli gesti, un racconto che si dipana a partire da situazioni iterate, e volutamente estenuanti, in cui la fragilità dei corpi e del sentire, annegata nell’apparente, e “indifferente”, freddezza dei rituali (le ordinarie e quotidiane pratiche casalinghe), affiora in superficie nel momento in cui le passioni sembrano finalmente esplodere. Ma è un’esplosione raggelata e, paradossalmente, proprio per questo, profonda, viscerale: la sguardo della macchina da presa si limita a cogliere i movimenti quasi rallentati degli attori, la colonna sonora a registrarne gli spasimi. Il tutto avvolto in una penombra mestissima che ottunde le forme e a-temporalizza gli eventi: siamo in una dimensione parallela. Dall’impossibile amore saffico, non detto ma messo in immagini, racchiuso in una immagine sublime (Duyen e la scrittrice sotto la tenda, a lume di candela) all’apatico ménage matrimoniale, Choi Voi declina in tutte le sue forme le frustrazioni del desiderio, frustrato anche quando appagato, con una sensibilità ed una finezza di tocco che ricordano, nei momenti migliori, Ozu e l’Hou Hsiao-hsien di A Time to Live and a Time to Die.
