TRAMA
A Chicago una donna di nome Lysistrata decide di protestare contro l’uso delle armi dei neri contro i neri, indicendo uno sciopero del sesso, subito dopo l’assassino di un bambino a causa di un proiettile vagante.
RECENSIONI
Reduce da un lungo periodo di crisi creativa iniziato col fallimentare Miracolo a Sant'Anna e di cui è buon esempio la mancanza di orginalità alla base la doppietta di inutili remake di fila Oldboy e Da Sweet Blood Of Jesus, Spike Lee ritrova in parte la vocazione – anche se siamo ancora lontani dalla travolgente urgenza del successivo BlacKkKlansman – andando a scavare nel passato remoto. Spike Lee riporta in scena la Lisistrata di Aristofane ambientandola nella moderna Chicago. Come l'Atene della commedia greca è messa in crisi dalla guerra del Peloponneso, così la Chicago del film è messa in crisi da un'altra guerra, quella tra bande. Ma il paragone tra la città dell'Illinois e l'antica città greca non è l'unico e Spike Lee raddoppia la dose comparando Chicago all'Iraq a partire dal termine coniato dai rapper del Sud e dell'Ovest di Chicago per mettere in relazione due territori, ognuno a modo suo, zone di guerra. Chi-raq – questo è il termine – diventa quindi sia nome del luogo, sia nome di un personaggio, il protagonista leader della gang degli Spartani, contrapposta alla gang dei Troiani, guidata Cyclops. Dal 2001 al 2015 sono morti 2349 americani nella guerra in Afghanistan, 4424 dal 2003 al 2011 nella guerra in Iraq; durante gli stessi anni nella città di Chicago ci sono stati 7356 omicidi, principalmente per armi da fuoco, quasi tutti commessi da giovani maschi neri nei confronti di altri giovani maschi neri. Così Lisistrata, compagna di Chi-raq, – che diventa per l'occasione Lysistràta – mette in atto un piano per porre fine al bagno di sangue facendo leva sull'arma più potente a disposizione di un esercito femminile: si accorda con tutte le donne spartane e tutte le donne troiane dando il via ad uno sciopero del sesso a oltranza fino a quando i loro uomini non saranno giunti ad un accordo e pace non sia fatta. NO PEACE = NO PUSSY.
Se in La 25ª ora il sentimento che aveva spinto Spike Lee a fare quel ritratto di New York era la depressione del post-11 settembre, mentre quello che lo spingerà a dar vita a BlacKkKlansman sarà un'energica manifestazione di rabbia nei confronti della presidenza Trump, il sentimento che si intravede alla base di Chi-raq è la rassegnazione – perfettamente espressa in Pray 4 My City, il brano che apre il film, cantato da Nick Cannon, ovvero Chi-raq stesso – e a cui Lee cerca di far fronte ostentando una soluzione ottimista.
Laddove in Fa' la cosa giusta il problema che portava all'aumento della temperatura e all'esplosione era la difficoltà o impossibilità della compenetrazione fra le diverse etnie che popolano e coesistono a New York, in Chi-raq, un quarto di secolo dopo, il problema è tutto della comunità nera, vittima e carnefice di se stessa. Esattamente come, più di 2000 anni fa, la civiltà ellenica era vittima e carnefice di se stessa e delle sue lotte intestine, come quella tra ateniesi e spartani portata in commedia da Aristofane nella Lisistrata.
Per portare a galla questa guerra fratricida Spike Lee ricorre alla satira mettendo in scena uno spettacolo costantemente sopra le righe in cui le due fazioni si vestono di viola e di arancione per far riconoscere sempre la loro affiliazione, il narratore (Samuel L. Jackson) si rivolge direttamente allo spettatore guardandolo attraverso lo schermo, i personaggi caricaturali – come il generale bianco che indossa le mutande con la bandiera sudista – abbondano, ci si muove come in una coreografia e ci si esprime in versi adeguatamente declinati al tempo e al luogo, in rap.
Ed è proprio nella particolarità di questa esuberante messa in scena che si celano sia i pregi sia i difetti di quest'opera. Il difetto principale di Chi-raq sta proprio nel non riuscire a sbattere in faccia la realtà dei fatti con la forza adeguata, realtà che emerge più come dato numerico dichiarato, espresso da didascalie, che attraverso la rappresentazione, troppo sopra le righe per restituire la durezza della realtà. Una costruzione che imbelletta ma depotenzia l'intento civile dell'operazione, minando l'efficacia dell'apello di Spike Lee («This is an emergency»). Forse il calcare così tanto sull'eccesso, sull'esagerazione, si rivela però ancora una volta specchio di una carenza di fondo, ossia un vero antagonista contro cui scagliarsi. Allo stesso tempo però è la struttura stessa ad avere il pregio di sopperire con immaginazione a questa mancanza, una struttura capace di traslare la cruda realtà in una più digeribile fantasia e permettendo di ragionarci sopra senza trovarsi schiacciati dalla concretezza dei fatti.
Ci sono però almeno tre squarci che controbilanciano il clima ridanciano e fanno ritrovare il giusto baricentro alle componenti. C'è lo sfogo di una madre che ha appena perso la figlia di soli 7 anni colpita da una pallottola vagante: la commedia s'interrompe lasciando spazio alla tragedia, i versi s'interrompono per lasciare spazio al dramma, al grido di dolore e all'accusa di complice omertà di tutti i presenti, di tutti coloro che non muovono un dito per cambiare la situazione. C'è il sermone di un prete (bianco) pronunciato con veemenza durante una messa gospel, elemento talmente sopra le righe nella realtà da essere perfettamente reale e allo stesso tempo non stonare nel contesto costantemente esagerato del film, il momento in cui più di tutti realismo e finzione trovano contatto e permettono a Spike Lee di parlare, attraverso John Cusack, con puntuali riferimenti a vicende reali che per un attimo annullano completamente la distanza creata dalla messa in scena e portando immediatamente, anche se solo per un istante, la farsa a realtà tangibile, sia ai fedeli in chiesa, sia agli spettatori oltre lo schermo. E poi ci sono le marce e le manifestazioni di piazza che, seppur immerse nella finzione, lasciano trasparire la possibilità di un'effettiva rivolta. Squarci che riportano Chi-raq in quel miracoloso equilibrio tra commedia e tragedia, tra realtà e finzione, tra rassegnazione e speranza, che probabilmente non è in grado di scuotere l'indifferenza – ancora una volta il confronto è necessario – come il finale di BlacKkKlansman, ma che, con un approccio unico e originale, segna il rientro in carreggiata per il regista di Atalanta.