Drammatico, Noir, Recensione

CHI È SENZA COLPA

Titolo OriginaleThe Drop
NazioneU.S.A.
Anno Produzione2014
Durata106’
Sceneggiatura
Tratto dadal racconto di Dennis Lehane
Scenografia

TRAMA

Bob fa il barman nel locale del cugino Marv, ora proprietà di criminali ceceni. Trova un cucciolo di pitbull nel bidone della spazzatura di Nadia, che lo aiuta a prendersene cura. Marv, a insaputa di Bob, punta ad impossessarsi dei proventi della malavita quando verranno depositati nel bar.

RECENSIONI

Cani a messa

Dennis Lehane, che adatta per la prima volta un suo lavoro, fornisce il racconto breve “Animal rescue” (raccolta “Boston noir” del 2009, ma l’azione è spostata a New York) al belga Michaël R. Roskam, fattosi notare con Bullhead (da cui ripesca l’attore feticcio Matthias Schoenaerts, talento con sguardo folle). Un’ulteriore tappa in noir, dopo Mystic River (Clint Eastwood) e Gone Baby Gone (Ben Affleck), di uno scrittore che, con il tema dell’espiazione, dell’assenza di colpevoli perfetti (vedi il personaggio di James Gandolfini, al suo ultimo film), con tracce autobiografiche e colpi di scena depistanti, ritrae una criminalità profondamente radicata nel vissuto di ogni anima di quartiere. Lehane, però, non rivisita la tragedia greca, il virus dei legami d’infanzia e le matrici esistenziali delle opere citate e Roskam non possiede lo sguardo moralmente anticonvenzionale e felicemente ambiguo di Eastwood per restituire lo studio di carattere del suo protagonista serafico e apparentemente ipodotato (qualche riserva sull’adeguatezza di Tom Hardy). Per nerbo ed efficacia del climax, persino la regia di Affleck parrebbe, in prima battuta, più efficace. Traccia criminale (il Drop Bar è il luogo dove, ogni sera e a rotazione, la criminalità nasconde i suoi proventi) e sezione finale a parte, sembra di essere di fronte all’ennesimo Dolly’s Restaurant (James Mangold), opera pseudo-indipendente incentrata su relazioni e quotidiano working-class, con protagonista diverso-solitario-innocuo, vittima o leone dormiente appartenente alla legione del Bene, ritratto nel momento di svolta (di solito, un incontro amoroso) e contornato da figure che ne tradiscono la fiducia. La parte finale getta nuova luce ma, per preservare tale “sorpresa”, regia e sceneggiatura dimenticano di fornirle un background sondando la psiche smascherata, che resta incoerente: se Roskam era, prima, accorto in espressioni e scambi rivelatori, delega infine allo spettatore i contorni del nuovo volto, convinto basti l’amore per un cane e l’andare a messa per influenzare il verdetto.