- Carlos Marcovich
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TRAMA
Il viaggio di Oliver Stone dentro il nuovo Sudamerica.
RECENSIONI
Oliver Stone: Un leader dopo laltro, sembravano ripetere la stessa cosa. Volevano controllare le proprie risorse, rafforzare i vincoli regionali, essere trattati alla pari dagli Stati Uniti e rendersi finanziariamente indipendenti dal FMI. Sulla base della nostra esperienza in Iraq, gli americani devono mettere in dubbio il ruolo giocato dai nostri media nella demonizzazione di leader stranieri come nostri nemici. Le conseguenze di tutto questo possono essere brutali. Si tratta di una storia che continua. Sta succedendo proprio ora con Hugo Chávez in Venezuela. Spero che nel nostro film riuscirete a sentire un altro lato, ben diverso, della storia ufficiale.
Dallintervista che Stone ha fatto al presidente venezuelano Chávez parte il progetto di incontrare, uno per uno, tutti i capi di Stato dei paesi sudamericani che hanno abbracciato un nuovo corso storico. Sfuggendo a qualsiasi incasellamento ideologico precostituito, il regista fa del ritratto di questi Capi di Stato (tra cui spicca quello del venezuelano, per forza di cose maggiormente approfondito e discusso, con una descrizione dei controversi avvenimenti che hanno caratterizzato il suo insediamento e la sua permanenza al potere) loccasione per analizzare latteggiamento dei media statunitensi nei loro confronti. Dunque il tratteggio di queste personalità e i brevi cenni storici relativi alla loro ascesa al potere, se da un lato informa lo spettatore sullo stato di fatto esistente in Sudamerica, soddisfacendo labituale istinto del regista americano alla biografia e allanalisi delle modalità di esercizio del potere, dallaltro sembra concentrarsi soprattutto sullazione manipolatrice esercitata dai mezzi di informazione U.S.A. che, per chiari interessi economici (lestinzione dei debiti contratti col Fondo Monetario Internazionale non rende più ricattabili questi Stati), hanno demonizzato e continuano a demonizzare la svolta abbracciata dal Sudamerica. In questi termini il lavoro di Stone è un efficacissimo esempio di controinformazione, appassionato e sincero, che punta allaffermazione della necessità di esprimere il sacrosanto rispetto nei confronti di questi Paesi e delle loro scelte di autonomia.
Dopo la lunga intervista a Fidel Castro, diventata lungometraggio nel 2005 (“Comandante”), Oliver Stone continua il suo percorso di scoperta dei leader mondiali più invisi agli Stati Uniti. Iniziato come documentario sulla contraddittoria figura di Hugo Chàvez, attuale presidente del Venezuela, South of the Border è poi proseguito come racconto a più voci per provare a chiarire le tante problematiche sorte strada facendo. Ecco quindi che il viaggio di Stone è diventato una tournée per il Sudamerica con l’apporto dei presidenti Evo Morales (Bolivia), Cristina Kirchner (Argentina) e consorte (l’ex presidente Néstor Kirchner), Fernando Lugo (Paraguay), Lula da Silva (Brasile), Rafael Correa (Ecuador) e Raùl Castro (Cuba). La pluralità di sguardi tenta di smascherare quello che l’opinione pubblica, soprattutto americana, ha fatto in modo di far credere all’Occidente per tutelare il proprio ruolo egemonico e i molti interessi economici (il Venezuela è pur sempre il terzo esportatore mondiale di petrolio). In base alle tante interviste che si alternano, i leader dei paesi sudamericani si schierano tutti a favore di Chàvez e del suo operato. L’obiettivo del gruppo è un pieno controllo delle risorse nazionali, un rafforzamento dei legami regionali, una voglia di essere trattati dall’America alla pari e, soprattutto, l’indipendenza finanziaria dal Fondo Monetario Internazionale (il costo dei prestiti, in termini di interessi fatti pagare, è forse la maggiore forma di controllo esercitata dagli U.S.A.). Il documentario chiarisce molti aspetti con una forma piuttosto lineare e funzionale all’obiettivo. Il pregio è quello di fare luce su ciò che i media hanno quasi sempre negato; il maggiore difetto è invece una palese parzialità. Se di Chàvez si evidenziano infatti i lati positivi, per cui alla fine appare come un uomo di carattere teso unicamente al bene del popolo che rappresenta, si tace di quelli negativi. E insospettisce il fatto che a Venezia, dove è stato presentato Fuori Concorso con la partecipazione di Hugo Chàvez in persona, lo spazio mediatico fosse tutto a disposizione delle frange favorevoli al dittatore, tra l’altro per lo più composte da italiani; facile esibire un forte consenso quando gli oppositori, tutti venezuelani con cartelli inneggianti la libertà di stampa e di espressione, vengono tenuti a debita distanza, comunque ben lontano dai riflettori.