TRAMA
Mancano pochi giorni alla fine del mondo: sta per arrivare il meteorite Matilda. Mentre il caos avanza, Dodge e Penny cercano di capire come sfruttare al meglio il tempo rimasto.
RECENSIONI
Deve essere nato come tentativo di cavalcare l'attualità della profezia Maya sulla fine del mondo. Il primo film anche da regista della sceneggiatrice Lorene Scafaria non utilizza quest'idea per realizzare il solito film catastrofico né per una commedia surreale. Il film non è neppure una commedia, nonostante il titolo (da commedia già quello originale, mentre in italiano ad amico viene sostituito amore, evidentemente più accattivante per il pubblico). Come ibrido, vede prevalere i toni drammatici e ancor più quelli malinconici rispetto a quelli comedy.
Il tema portante, esplorato attraverso i due protagonisti, è quello della solitudine. Solitudine che nasce da una delle tante forme di diversità dell'individuo ma anche dall'incapacità di occupare il tempo della propria vita con le persone giuste. Il personaggio di Carell è fresco di abbandono da moglie fedifraga, non riesce a star bene con gli amici, se amici si possono considerare, ha perso l'ipotetico amore della sua vita e sembra a suo agio soltanto quando può essere triste da solo. La sua vicina di casa si perde invece nell'insoddisfazione di relazioni sbagliate, ignorando il bisogno di ritrovare la sua famiglia in Inghilterra.
Raccontato così il film sembra forse più profondo di quanto la sceneggiatura non riesca realmente a renderlo, eppure lo svolgimento rifiuta giochetti troppo facili da fine del mondo e leggerezze rassicuranti, e nello sposare una visione mesta dell'esistenza e dei rapporti umani osa qualcosa. Anche il finale, probabilmente obbligato, è in qualche misura coraggioso.
Qui si arresta però il coraggio, cui fanno da contraltare una serie di trucchi rodati: puntare sul cavallo sicuro dell'amore folgorante (e poco verosimile), ispirare tenerezza con caratterizzazioni ruffiane e studiati racconti famigliari e, infine, affermare il potere salvifico dell'amore conte fonte assoluta di senso. Su questa linea si possono leggere la prevedibile e logora sortita dal padre del protagonista, coronata da una rappacificazione di imbarazzante superficialità e meccanicismo, alcune "carinerie" nel personaggio della Knightley - dalla coperta patchwork alle passioni musicali, al talento culinario -, senza dimenticare l'inserimento obbligato del cagnolino, che, come esperienza insegna, funziona sempre, soprattutto negli ultimi anni.
Con questi ingredienti la dimensione on the road non conquista mai un ruolo centrale e si limita a fare da contorno.
Sono invece più riuscite, nella prima parte della pellicola, tutte le trovate relative alle reazioni scomposte e fantasiose all'imminente fine dell'umanità. Anche in questo caso, sebbene possa spuntare qualche sorriso, il tono è malinconico e si raccontano uno sbando ed uno sballo figli di mancanza di coordinate e valori, quando non di repressione. Si sfiora una riflessione sulla libertà - impossibile se non in circostanze estreme come questa - dalle costrizioni imposte dal contratto sociale e dall'esistenza del futuro. La problematicità, però, è appunto solo lambita e poi lasciata indietro in favore dello sviluppo di una storia meno interessante.
La "brutta coppia", sulla carta, Carell-Knightley costringe ad ammettere che ciascuno dei due, preso a sé, è abbastanza adatto al ruolo.
Steve Carell già da tempo sta scrollandosi credibilmente di dosso l'etichetta dell'attore demenziale (Il matrimonio che vorrei, Crazy stupid love).
Keira Knightley, come sempre, risulta più carismatica ed affascinante in abiti d'epoca. Qui, con taglio mortificante e look da ragazza comune risulta effettivamente più comune e meno luminosa. Azzarda qualcuna delle sue espressioni, che rischiano ormai di risultare troppo "tipiche", ma per il resto fa degnamente quel che le viene richiesto.