Blackjack, Drammatico, Fantasy, Recensione, Serie

C’ERA UNA VOLTA (serie)

Titolo OriginaleOnce Upon a Time
NazioneU.S.A.
Anno Produzione2011
Durata7 stagioni

TRAMA

Emma Swan è una cacciatrice di taglie. Viene avvicinata da un bambino di dieci anni che si identifica come suo figlio, Henry, che Emma aveva dato in adozione da piccolo. Accetta di riportarlo a casa sua a Storybrooke. Lungo la strada, Henry le mostra un grande libro di fiabe, insistendo sul fatto che tutte le storie in esso contenute sono reali. Quando arrivano a Storybrooke, Henry la informa che tutti in città sono in realtà personaggi delle fiabe, esiliati dalla maledizione e senza alcun ricordo della loro vera identità.

RECENSIONI

 Fra l'edulcorazione Disney (ABC produce) e la tattica del mistero di Lost (da dove provengono i creatori)

     In ogni puntata, in parallelo, la realtà maledetta del mondo senza magia e il            flashback su cosa successe nel mondo delle fiabe

   Registi degni di nota: Mark Mylod, Greg Beeman, Bryan Spicer, Mylan Cheylov, Ron Underwood, Gwyneth Horder-Payton

In fondo, è un Come d'Incanto (2007) più tragico

Gli appassionanti primi due episodi

Il modo in cui gli autori mescolano, in un unico racconto fiabesco, lo specchio delle brame alla lampada con il genio nell'episodio Il frutto dell’albero avvelenato della prima stagione e, nell'episodio successivo, a La Bella e la Bestia

La prova e il disegno del personaggio di Jared Gilmore,  nella finzione figlio di Emma Swan

Robert Carlyle, abbonato a personaggi ambigui (vedi, anche, Stargate Universe), quando è protagonista fa la differenza
 

Gli efficaci colpi di scena sopperiscono alle tante falle produttive/creative

 

Le trame episodiche con patemi d'amore sono inaffrontabili, svenevoli come gran parte delle prove recitative (si salvano Carlyle e Lana Parrilla, nel ruolo della regina, anche perché forniti di caratteri sfaccettati)

Per quanto simpatica e vincente, l'idea del meltin' pot non è originale (vedi, anche, il musical Into the Woods)

Le fiabe sono la vita secondo archetipi con venature fantastiche e aiutano a leggere il mondo: la serie potrebbe diventare un'allegoria brillante e continuata ma gli autori non colgono sempre l'occasione. Lo fanno, bene, i primi due episodi scritti da Edward Kitsis e Adam Horowitz sì (compreso il pilot diretto da Mark Mylod), poi si preferisce adagiarsi su di una routine superficiale/seriale: ogni puntata una fiaba rivisitata, un minimo di evoluzione della traccia orizzontale e l'amore fra Biancaneve e il Principe azzurro

Il digitale che dovrebbe occuparsi di fantasmagorie ed effetti speciali non è irresistibile, alla pari di costumi e scenografie per i flashback favolistici


Metà della seconda stagione: i racconti diventano sempre più sciocchi e incoerenti e le qualità più sporadiche. Il naïf impazza sempre più: nell'inscenare battaglie, nel prolungare i dialoghi e le situazioni che si ripetono di puntata in puntata, con sceneggiature anche grossolane che si curano poco di reazioni e azioni dei personaggi