
Chiara, attrice, è figlia di due icone del cinema, Marcello Mastroianni e Catherine Deneuve. Durante un’estate tumultuosa, si ritrova in preda a una crisi di identità. Convinta di dover vivere la vita del padre, adotta il suo stile di abbigliamento, il suo modo di parlare e persino i suoi gesti con una determinazione senza difetti. La sua trasformazione è così sorprendente che alcuni la confondono con Marcello, e lo chiamano con questo nome.
Una storia che non poteva che trovare la Croisette come inevitabile palcoscenico…
Chiara, figlia di Marcello Mastroianni e Catherine Deneuve, incarna improvvisamente il padre: si veste, parla, pensa come lui. Honoré alle prese con la sua musa, ne fa creatura trans come il suo cinema – che di identità, stili e generi ne attraversa sempre tanti – e come le sue storie, che di metamorfosi e disordine si nutrono. Sembra un gioco, una bagattella, è in realtà una riflessione lieve, ma profondissima sul mestiere di attore e sullo sparire in un ruolo, laddove quella del padre per Chiara da un lato è la maschera rassicurante che la difende dalle pretese di un mondo che la mette di continuo sotto esame, dall’altro il rifugio in una dimensione di ricordo di cui può nutrire sé e le persone care che lo condividono. In un gioco identitario che tocca il Mastroianni intimo (il bacio freudiano a Deneuve) e quello cinematografico (da Le notti bianche a Intervista, da La dolce vita a Ginger e Fred), il film corteggia la biografia apocrifa senza mai irrigidirsi nella compiaciuta vertigine. Basta il momento in cui Deneuve canta Di’ Marcello perché ridi (del sodale Alex Beaupain) per ricordarci che, al di là delle teorie e delle operazioni, il cinema di Honoré sa sempre come fare poltiglia del nostro cuore.