CARTOLINA DA CANNES 77 – LIMONOV ALLA MANIERA DI SEREBRENNIKOV

Limonov attivista e dandy, poeta e agit prop, intellettuale, maggiordomo, marchetta. Non importano le contingenze che lo conducono a certe scelte o a certi destini, la sua furia (di vivere, creare, amare) li prescinde. A Serebrennikov, più che collocare la figura di Limonov nel suo tempo, spiegandone il ruolo in ordine ai rivolgimenti politici e agli eventi storici, interessa isolarla su un piano astratto come espressione di un’urgenza di rivolta, emblema di un impulso alla rivoluzione che prescinde da congiunture e circostanze. Per questo costruisce una anti-biografia che procede per quadri, senza fornire dettagli o coordinate, senza preoccuparsi di contestualizzarli nelle logiche dell’epoca di volta in volta ritratta. Limonov (Ben Whishaw, superbo come solo lui sa essere) è più simbolo che uomo, più mito che personaggio storico. La sua vita come un romanzo di cui sfogliamo capitoli a caso. E in tal senso il film si pone come adattamento arditissimo del libro di Emmanuel Carrère che, pur nel mood avventuroso, era invece puntuale nell’esaminare ogni accadimento, fornendone un inquadramento storico corretto che consentisse al lettore di formarsi un’opinione. 

Il regista non è affatto interessato alla ricostruzione pedissequa, preferisce l’epica, un gioco di rappresentazione barocca ed enigmatica disciolta in un intreccio di epoche in cui lo spettatore è chiamato a perdersi. A una ballata (lo dice il sottotitolo) fatta di memorie disordinate, a un delirio, a una nuova flu, (dopo quella di Petrov del 2021, un film su un alternativo Ulisse joyciano, russo e contemporaneo). Limonov è allora è la storia marca Serebrennikov di un uomo straordinario che non può che incarnarsi nelle immagini, in una travolgente sarabanda di aneddoti strappati alla vita e messi in scena, coreografati, montati e musicati. Cinema, voilà. Un diluvio sensoriale che non spaccia interpretazioni o teorie, un’esperienza, il viaggio a cavallo di uno spirito indomito per provare, con lui, le vertigini di un’esistenza vissuta sulle montagne russe.