CARTOLINA DA CANNES 77 – KAPADIA A MUMBAI

Non traggano in inganno i molti riempitivi, né il fumo degli occhi di quello che fa la cinepresa: quello che conta è “il manico”, la struttura di base. E la struttura di base di All We Imagine as Light è necessaria e sufficiente a concludere al di là di ogni dubbio che il film è sostanzialmente una serie TV (di quelle canoniche, anglosassoni) mascherata da “World cinema”. Già ne è segno chiarissimo l’ambientazione ospedaliera della prima parte: come nelle serie TV, il tessuto urbano (persino l’incontornabile Mumbai) viene scartato, implicitamente ritenuto anacronistico e soppiantato dal nuovo spazio del contemporaneo, che è l’istituzione polivalente. Ciò che nulla è più dell’ospedale: ER, seminale in eterno, docet.
Dunque una prima parte che intesse una tela di relazioni interpersonali di carattere amicale-sentimentale-lavorativo (soprattutto femminile, visto che adesso va di moda così) dentro a una bolla, e una seconda che della prima tira le debite conseguenze, cioè infilarsi in una bolla ancora più piccola in cui il soggetto, finalmente senza mondo intorno, può stare da solo davanti a se stesso, alle proprie allucinazioni, alle proprie ossessioni, al proprio passato. Come nelle serie TV, la patina di realismo, di analisi di un mondo o di una bolla, viene inficiata dal proprio non potere non essere a misura di narcisismo individual-telespettatoriale.
Spostandosi nel villaggio originario sul mare, molto fuori Mumbai, le protagoniste saltano a pié pari qualsiasi dinamica metropoli-provincia, centro-margini (dinamica urgentissima e incandescente nel contesto indiano, e ovviamente non solo lì) per ritrovarsi niente più che in villeggiatura. Con l’aggravante che, con il luogo ameno che facilita l’autocoscienza dei personaggi, salta fuori che ognuno si trova l’estensione di coscienza che può, ovvero che gli viene concessa dalla propria appartenenza di classe. Ecco dunque che mentre in superficie la prima parte era tutto un gettare ponti tra questa e quella classe sociale, questo sforzo crolla quando cioè i personaggi possono essere lasciati rivelarsi per quello che sono, rivelando differenze che non risultano più valicabili. Tipico film progressista fuori e reazionario dentro.