CARTOLINA DA CANNES 77 – I TORMENTI DEL GIOVANE DONALD

Il giovane Donald (Trump), ambizioso e determinato a uscire dall’ombra del potente padre, vuole costruire il proprio impero nel competitivo mercato immobiliare di Manhattan, una città in rapida trasformazione dove ricchezza e corruzione si intrecciano. È in questo contesto che incontra Roy Cohn, interpretato da un Jeremy Strong da urlo, un avvocato senza scrupoli noto per il suo legame con ambienti influenti e per le sue tattiche spietate. Cohn riconosce subito in Trump un diamante grezzo: un uomo affamato di successo, privo di scrupoli e disposto a tutto pur di emergere. Lo prende sotto la sua ala e gli insegna le regole del gioco nel mondo degli affari e della politica, regole che si basano su manipolazione, intimidazione e una spregiudicata gestione dell’immagine pubblica. È attraverso questi insegnamenti che Trump impara l’arte della narrazione mediatica, trasformandosi progressivamente in una figura tanto carismatica quanto controversa. La sua ascesa è inarrestabile, spinta dall’abilità di cavalcare il sensazionalismo e di sfruttare a proprio vantaggio ogni situazione.
Ispirandosi al titolo del noto format televisivo, The Apprentice non è un semplice biopic, ma una satira pungente, una commedia nera dal tono ironico e cupamente realistico che ricostruisce l’evoluzione di Trump negli anni ’70 e ’80, un periodo chiave per comprendere la sua successiva carriera politica. Più che un giudizio netto, il film offre una sorta di origin story di una delle figure più influenti e divisive della nostra epoca, mettendo in luce il contesto sociale e culturale che ha contribuito a plasmarlo. Qui a Cannes, il film ha diviso il pubblico e la critica: alcuni lo accusano di essere troppo indulgente con il personaggio, mentre altri lo ritengono eccessivamente critico. In realtà, il merito del regista sta proprio nel trovare un equilibrio, evitando sia la celebrazione che la demonizzazione. L’obiettivo non è creare un eroe o un antieroe, né un classico villain da condannare senza appello, ma piuttosto mostrare Trump come il prodotto di un sistema in cui capitalismo sfrenato e un sistema giudiziario corrotto si intrecciano, nella New York decadente dell’epoca, alimentando un clima di opportunismo e sopraffazione. La città, descritta come un crocevia di sfruttatori e prostitute, diventa lo sfondo perfetto per raccontare l’emergere di un uomo che avrebbe segnato la storia contemporanea.
In conferenza stampa, il regista Ali Abbasi ha sottolineato come il neoconservatorismo e il punk rock siano nati quasi nello stesso periodo e nello stesso contesto urbano, e a suo avviso Trump incarna proprio questa doppia anima: da un lato, il cinismo politico del potere, dall’altro, l’atteggiamento ribelle e provocatorio tipico del punk. Il film, pur dichiarando in apertura che alcuni eventi sono stati romanzati, ha già scatenato polemiche: l’ex presidente, prevedibilmente, ha minacciato azioni legali.