CARTOLINA DA CANNES 76 – WES ANDERSON MAGISTRALE

E ritorna a Cannes anche Wes Anderson con un film di cui riportiamo la prima parte della trama.
In una versione retro-futuristica degli anni ’50, un conduttore televisivo introduce la produzione dal vivo di un documentario sulla creazione e produzione di Asteroid City, un’opera di fantasia ambientata nell’ambientazione dello show televisivo del famoso drammaturgo immaginario Conrad Earp. Nello spettacolo, un convegno di astronomia giovanile si tiene nella città immaginaria del deserto di Asteroid City. Gli eventi dello spettacolo sono rappresentati in formato widescreen e con colori stilizzati, mentre lo speciale televisivo è visto in formato Academy in bianco e nero . Nella commedia, il fotoreporter di guerra Augie Steenbeck arriva presto alla convention di Junior Stargazer con Woodrow, il suo figlio adolescente intellettuale, e le sue tre figlie più giovani. Quando la loro macchina ha un guasto, Augie telefona a suo suocero, Stanley, chiedendo il suo aiuto. Stanley, a cui non piace suo genero, lo convince a raccontare ai bambini la recente morte della madre, che Augie aveva nascosto. Augie e Woodrow incontrano Midge Campbell, un’attrice famosa ma stanca del mondo, e sua figlia Dinah, che, come Woodrow, sarà onorata alla convention. Augie e Midge, Woodrow e Dinah si innamorano gradualmente durante lo spettacolo. Arrivano gli altri partecipanti alla convention: il generale a cinque stelle Grif Gibson, l’astronomo dottor Hickenlooper, altri tre adolescenti premiati (Ricky, Clifford e Shelly) e i loro genitori (JJ, Roger e Sandy), un autobus carico di bambini delle scuole elementari accompagnati dalla giovane insegnante June Douglas e da una band di cowboy guidata dal cantante Montana. Un motel locale fornisce l’alloggio a tutti.

1955. Asteroid City è una piccola città nel deserto americano famosa per un cratere meteoritico, un osservatorio astronomico e per i test nucleari che si svolgono nelle vicinanze. In apparenza. Perché è anche lo scenario impossibile di una pièce teatrale trasmessa da una stazione televisiva. E di cui scorgiamo il dietro le quinte. Wes Anderson costruisce una struttura narrativa a più livelli (a volte intersecantisi) e, nel sistema di cornici in abisso, ritaglia gli spazi in cui i personaggi sviluppano la loro storia: i geometrici movimenti di camera attraversano lo scenario complessivo come un cursore che si muove sul piano dell’opera. Sì, i mondi che il texano crea, dipinge, arreda e popola costringono ogni analisi e riflessione nei confini del puro cinema (forse per questo tanta critica non li sopporta): è da Grand Hotel Budapest che le storie e i temi (qui le fondamenta della cultura americana attraverso le grandi paure degli anni 50: l’atomica e l’alieno – o il comunismo -) Anderson si limita a a cumularli, piegandoli esplicitamente alle ragioni ineludibili della sua perfetta messa in scena (vale anche per lo star system). Dopo The French Dispatch, Asteroid City è, insomma, un altro (grande) film di avanguardia, sotto le mentite spoglie del mainstream.