Continuo ad esplorare il programma della Quinzaine des Cineastes. Questa volta è il turno del film della cineasta barcellonese Elena Martin Gimeno, sceneggiatrice e attrice, già in evidenza nel circuito dei festival con la sua opera prima (di cui era anche interprete) Júlia ist.
Mila e il suo compagno si stabiliscono in una cittadina della Costa Brava. Dopo un primo litigio, da sola nella casa estiva della sua famiglia, rivive alcune esperienze della sua infanzia e adolescenza che la aiuteranno a comprendere le origini di ciò che le ha impedito di fare pace con se stessa.
La relazione tra Mila e il suo compagno è a un bivio, la loro intesa fisica in discussione. Geneaologia di una sessualità, quella della protagonista (la stessa regista) che tra ricordi improvvisi che la fulminano (l’impronta sul letto sul quale, bambina, si masturbava), sogni erotici che la confondono, tormentate riflessioni sull’influenza della famiglia, ripercorre e interroga i criptici itinerari del suo desiderio. Il film si apre allora a due lunghi flashback – sull’adolescenza prima, sull’infanzia poi – che parlano di un rapporto col sesso vissuto all’ombra del totem paterno. Forse la scrittura non è sempre all’altezza dell’ambizione e alcuni snodi semplificano la delicatissima materia, ma suona autentico, a tratti lacerante, il modo in cui l’autrice mette in scena il tentativo di questa donna di fare pace col corpo e il suo sentire.