Il concorso si apre con il film di Kirill Serebrennikov Tchaikovsky’s Wife: il russo, dopo il forfait forzato dell’anno scorso, dove il suo bellissimo Petrov’s Flu fu presentato in contumacia (il regista era a Mosca, agli arresti domiciliari), finalmente ritorna in carne ed ossa sulla Croisette per accompagnare la sua creatura. Ed è un ritorno felicissimo, per quanto segnato dalle polemiche sollevate dalla dichiarazione del produttore cinematografico ucraino Andrew Fesiak che ha parlato di propaganda russa e di inopportunità della presenza del cineasta. Un nuovo lavoro che conferma l’enorme talento di un artista che produce immagini ragionando in termini di pura messa in scena, qui segnata dai fluidissimi pianisequenza e da un ritmo scandito dai cambi improvvisi di velocità: passaggi convulsi alternati a improvvisi, placidissimi momenti di contemplazione che letteralmente arenano lo sguardo sulla natura, abolendo la figura umana dagli intasati quadri.
La storia è quella della giovane Antonina Miliukova, ricca e intelligente, che sposa il compositore Ciaikovskij, leggenda vivente offuscata solo dai rumor sulla sua omosessualità. Un matrimonio che la donna scopre di copertura («Scappa!», le si era detto) e che ben presto si trasforma in ossessione e tenace resistenza, in nome dei suoi diritti e di una passione che sfiora l’idolatria. Un biopic che vuole ragionare sulla condizione della donna russa nell’Ottocento (la didascalia iniziale sembra tarare il film in quella direzione), approccio tradizionale smentito dal furore visivo (il lavoro sulla fotografia che si muove su due tonalità agli antipodi: lividissima e fredda oppure ambrata e calda) e dall’invenzione scenica, in bilico costante tra un realismo quasi materico e una visionarietà possibile, in cui l’onirismo incrocia un simbolo che germoglia con naturalezza nella realtà. L’interpretazione pazzesca di Alyona Mikhailova mette il sigillo finale su un lavoro portentoso (siamo solo all’inizio, ma sarà difficile per i giurati prescindere da questa performance).
Se la critica è tiepida, sono peraltro certo che il film crescerà nella considerazione una volta uscito: dunque Europa e America con pollici che faticano ad alzarsi (il Telegraph, il Guardian, il Los Angeles Times, in particolare). Su fronti altri più prevedibili il no della stampa ucraina e la buona l’accoglienza cinese. Spariglia il mazzo l’entusiasmo di Positif.