CARTOLINA DA CANNES 75 – JOYLAND, PREMIO DELLA GIURIA AL CERTAIN REGARD

All’indomani di Joyland, una tempesta si è abbattuta sui social media pakistani. A parte le solite condanne di ordine religioso (naturalmente alquanto superficiali e all’acqua di rose) e affini, molti messaggi affermavano come il successo del film (premio della giuria della sezione Un Certain Regard di Cannes 2022) sia dovuto a una foreign agenda che punterebbe a minare la sovranità del paese, raffigurandolo come un paese culturalmente arretrato e dunque intrinsecamente meritorio di ingerenze esterne. Soprattutto, il film è stato percepito come un attacco alla middle class attraverso la stigmatizzazione del suo conservatorismo – in un paese dove la middle class (certo individuata con criteri materiali e finanziari diversi rispetto ai nostri) è quantitativamente e anche proporzionalmente smisurata, fino a costituire con molta probabilità l’elemento chiave della struttura sociale del paese, anche più delle pur potenti élite.
Il carattere naif, e per innumerevoli versi semplicemente sbagliato, di affermazioni del genere è ovvio e si commenta da solo. Non è, tuttavia, il caso di liquidarle troppo frettolosamente. Come in tutte le manifestazioni dell’ideologia (e queste affermazioni, molto chiaramente, lo sono) c’è un nucleo di verità che rimane necessario identificare. In questo caso, il nucleo di verità è che sì, è vero, il mondo dei festival internazionali un’agenda geopolitica ce l’ha eccome. Con varie sfumature a seconda delle epoche, i festival, e tutto l’apparato produttivo che gravita loro attorno, hanno sempre cercato di promuovere l’ideologia della globalizzazione – che poi sarebbe il soprannome appena appena più ripulito del vecchio imperialismo occidentale. Sarà anche un fatto banale, ma non va mai dimenticato: anche ai tempi di Paisà era così, e il genio di Rossellini sta appunto nell’essere andato molto oltre lo spot della ricostruzione targata USA che gli era stato chiesto, e di aver fatto qualcosa di profondamente difforme.

joyland: Cannes 2022: Saim Sadiq-directorial 'Joyland' wins hearts for  daring portrayal of a transgender character in Pakistan - The Economic TimesTra i tanti errori dei commenti sui social accennati qui sopra, il principale sta insomma nel trascurare il dato forse ovvio, ma troppo spesso dimenticato, che un film è qualcosa di diverso dalla sua versione su carta. Un film, insomma, non è mai il suo “contenuto”, e chi si è lasciato andare a commenti del genere, al di là della confusa intuizione di qualcosa di vero (la missione mai ideologicamente trasparente dei festival), avrebbe dovuto semplicemente aspettare di vedere il film prima di giudicare.
Un film dove una famiglia allargata di Lahore con due fratelli e le rispettive mogli, quattro figli (tutti della stessa coppia, quella del più “inquadrato” dei due fratelli) e un vecchio patriarca viene scossa dalla collaborazione di uno dei due fratelli (Haider, quello mite, timido, meno “inquadrato” nonché disoccupato) con la troupe di una ballerina transessuale (Biba), avrebbe potuto essere facilmente una catastrofe. Avrebbe potuto, cioè, compiacere lo sguardo occidentale mostrando l’arretratezza della middle class pakistana, disinteressata a questioni di genere.
Fortunatamente, non è così. Certo, la chiusura mentale della famiglia viene stigmatizzata qua e là, ma la condanna della middle class locale non è affatto il centro del film. Non lo è nemmeno la transessualità: certo una parte importante del film, ma il perno di esso è altrove, ovvero all’interno della famiglia piccolo borghese, e soprattutto Haider, esempio calzante di quella mascolinità incerta, alla Troisi, dilagante in Pakistan come in gran parte del terzo mondo, in modo spesso e fisiologicamente proporzionale al radicamento delle forme più ostentate di machismo nei rispettivi contesti.

La fluidità di genere su cui il film si concentra, insomma, è soprattutto quella che è già interna alla famiglia borghese, e che probabilmente lo è sempre stata: che sia Mumtaz (la moglie di Haider) il maschio della coppia viene mostrato, giustamente, come la cosa più normale del mondo, o comunque come qualcosa di talmente frequente e ordinario da meritare che questo elefante nella stanza venga finalmente riconosciuto anziché ignorato oltre. Non è un “familles je vous hais”, non è un attacco alla famiglia borghese e/o tradizionale, ma solo un appello affinché la borghesia riconosca le proprie contraddizioni, che sono ancora quelle marxiane (e se all’inizio è Haider a rubare la scena col suo amorazzo per Biba, in seguito è Mumtaz a conquistarla, riannodando le questioni di classe a quelle di genere), ovvero quelle di una classe che sogna l’equilibrio omeostatico, ma che se smette di cambiare smette di esistere.
L’evasione dal proprio ruolo ufficiale famigliare e societario è il sogno di tutti i personaggi del film; a ben guardare, tra le righe, persino del vecchio patriarca. A Joyland non interessa mettere progresso e reazione l’uno contro l’altra; interessa, invece, mettere la borghesia davanti a se stessa, e davanti all’insoddisfazione che le è strutturalmente intrinseca, affinché prenda coscienza di se stessa. Nonostante una passeggera tentazione per una polarizzazione melodrammatica del tipo vittime/carnefici, progresso/reazione, in cui il film non può verosimilmente non cadere ma fortunatamente per scrollarsela di dosso subito dopo, Joyland si attesta dall’inizio alla fine su un tono melanconico miracolosamente riuscito, acuito da piani fissi magistralmente composti stratificandone la profondità (il 4:3, in questo, gioca un ruolo non piccolo – come del resto l’eterogeneità cromatica delle inquadrature), e funzionali alla resa dello spazio domestico quale spazio dove la coesione e la divisione sono a propria volta impastati indistinguibilmente.
In questo tono malinconico, in questa insoddisfazione forse universale (come forse universale è la stessa condizione borghese), c’è nascosta l’utopia di uno spazio esterno rispetto ai ruoli precostituiti; l’utopia del riconoscimento di qualcosa che non è represso, perché ancora da formulare.